Friday, March 31, 2023

Notebooks - July 6, 1944: The hour of Gethsemane

 


Maria Valtorta

 

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  Notebooks - July 6, 1944: The hour of Gethsemane

Jesus says: "See, my soul, which I was very right to say: Wouldn't the knowledge of my torment in Gethsemane be understood and would it become a scandal?". People don't admit the devil. Those who admit it don’t admit that the devil could vex the soul of Christ to the point of making blood sweat. But you, who have had a modicum of this temptation, can understand. So let's talk together -Luca 22, 44- You asked me: "How many agonies in Gethsemane are you giving me?". Oh! Many! Not for the sake of nagging you. Solely for the goodness of Master and Spouse. I couldn't bring down on you, little bride, all at once the pile of desolation that collapsed me that evening and that no one sensed, that no one understood except my Mother and my Angel. [Luca 22, 43] You would die of it.

 

So I'll give you a crumb now, tomorrow another, so that you can taste all my food and obtain from your suffering the maximum of love of compassion for your sorrowful Spouse and of redemption for your brothers. That's why I give you so many hours of Gethsemane. Unite them and, as the mosaicist joining the tiles slowly sees the complete picture form, you, by bringing together in your thought the memory of the different hours, you will see the true Agony of your Lord. Reflect how I love you. The first time I only gave you the sight of my physical craving. And you, just to see me with my face distorted, come and go, raise my arms, wring my hands, cry and break down, you felt so sorry for it that you almost died.

 

I presented that visible torture to you over and over again until you knew it and could bear it. Then, time after time, I revealed my sadness to you. My sadness. Of man. All man's passions straightened up like irritated snakes, hissing their rights to exist, and I had to strangle them one by one in order to be free to climb my Calvary. Not all passions are evil. I already explained it to you. I give this name the philosophical meaning, not the one you give it by exchanging meaning for feeling. And your Jesus-Man had good passions like all just men. But even good passions can become enemies in certain hours, when with their voice they make chains and chains of very hard, very strong, very knotted steel, to prevent us from fulfilling the will of God.

 


Loving life, a gift from God, is a duty, so much so that whoever kills himself is as guilty as and more than whoever kills, since he who kills lacks the charity of neighbor but can have the extenuating circumstance of a provocation that disorients him, while whoever he kills and fails against himself and against God, who gave him life for him to live until his call. Killing oneself is tearing oneself away from the gift of God and throwing it with a cry of curse on the Face of God. Those who kill themselves despair of having a Father, a Friend, a Good One. Whoever kills himself denies every dogma of faith and every assertion of faith. Whoever kills himself denies God.

 

Therefore one must cherish life. But how: dear? Making yourself a slave to it? No. Life is a good friend. Friend of the other. Of real life. This is the great Life. That's the little life. But as a handmaid serves and procures food for her mistress, so the little life serves and nourishes the great Life, which attains its perfect age through the cares which the little life gives it. It is this very little life that provides you with the ornate garment to wear when you become the Lord of the Kingdom of Life. It’s precisely this little life which fortifies you with the bitter bread, soaked in strong vinegar, of everyday things, and makes you adults and perfect for possessing the Life which doesn’t end. That is why it is necessary to call this sad existence of exile and pain "dear".

 

It’s the bank where the fruits of eternal riches ripen. Is it passably good? Praise the Lord. Is it sprinkled with penises? Say "thank you" to the Lord. Is it sad beyond measure? Never say: "It's too much". Never say: "God is evil". I have said it a thousand times: “Evil – and what sadness is it if not the fruit of evil? – Evil doesn’t come from God. Man is the wicked one who makes us suffer”. I have said it a thousand times: “God knows how long you can suffer and, if he sees that what his neighbor procures for you is too much, he intervenes not only by increasing your strength of endurance, but with heavenly comforts; and when the time comes with breaking the wicked, because it is not lawful to torture a better neighbor beyond measure”. Life is expensive for the honest satisfactions it provides. God doesn't blame them. The work He put it. [Gen 3, 17-19] As a punishment, but also as a diversion for the guilty man...

 

 


Maria Valtorta

 

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Quadernetti - 6 luglio 1944: L’ora del Getsemani

 

Dice Gesù: "Vedi, anima mia, che avevo molta ragione di dire: La conoscenza del mio tormento del Getsemani non sarebbe capita e diverrebbe scandalo?". La gente non ammette il Demonio. Quelli che lo ammettono non ammettono che il Demonio abbia potuto vessare l’anima di Cristo sino al punto di far sudare sangue. Ma tu, che hai avuto un briciolo di questa tentazione, puoi comprendere. Parliamo dunque insieme -Lc 22, 44- Mi hai chiesto: “Quante sono le agonie del Getsemani che mi dai?”. Oh! Tante! Non per piacere di tormentarti. Unicamente per bontà di Maestro e Sposo. Non potrei su te, piccola sposa, abbattere tutto insieme il cumulo di desolazione che mi accasciò quella sera e che nessuno intuì, che nessuno comprese fuorché mia Madre e il mio Angelo. [Lc 22, 43] Ne morresti pazza.

 

E allora ti dò adesso un briciolo, domani un altro, di modo da farti gustare tutto il mio cibo e di ottenere dal tuo soffrire il massimo di amore di compassione per il tuo dolente Sposo e di redenzione per i tuoi fratelli. Ecco perché ti dò tante ore di Getsemani. Uniscile e, come il mosaicista unendo le tessere piano piano vede formarsi il quadro completo, tu, riunendo nel tuo pensiero il ricordo delle diverse ore, vedrai l’Agonia vera del tuo Signore. Rifletti come ti amo. La prima volta ti ho dato soltanto la vista della mia smania fisica. E tu, soltanto per vedermi col Volto stravolto, andare e venire, alzare le braccia, torcermi le mani, piangere e abbattermi, ne hai avuta tanta pena che per poco non mi moristi.

 

Ti ho presentato quella tortura visibile più e più volte sinché l’hai conosciuta e l’hai potuta sopportare. Poi, volta per volta, ti ho svelato le mie tristezze. Le mie tristezze. Di uomo. Tutte le passioni dell’uomo si sono drizzate come serpi irritate, fischiando i loro diritti d’essere, ed Io le ho dovute strozzare una per una per esser libero di salire il mio Calvario. Non tutte le passioni sono malvagie. Te l’ho già spiegato. Io dò a questo nome il senso filosofico, non quello che voi gli date scambiando il senso col sentimento. E le passioni buone il tuo Gesù-Uomo le aveva come tutti gli uomini giusti. Ma anche le passioni buone possono divenire nemiche in certe ore, quando con la loro voce fanno catena, e catena di durissimo, fortissimo, annodatissimo acciaio, per impedirci di compiere la volontà di Dio.

 


Amare la vita, dono di Dio, è dovere, tanto che chi si uccide è colpevole come e più di chi uccide, poiché colui che uccide manca alla carità di prossimo ma può avere l’attenuante di una provocazione che lo dissenna, mentre chi si uccide manca contro sé stesso e contro Dio, che gli ha dato la vita perché egli la viva sino al suo richiamo. Uccidersi è strapparsi di dosso il dono di Dio e gettarlo con urlo di maledizione sul Volto di Dio. Chi si uccide dispera di avere un Padre, un Amico, un Buono. Chi si uccide nega ogni dogma di fede e ogni asserzione di fede. Chi si uccide nega Dio.

 

Dunque occorre aver cara la vita. Ma come: cara? Facendosi schiavi di essa? No. Amica buona la vita. Amica dell’altra. Della Vita vera. Questa è la grande Vita. Quella è la piccola vita. Ma come un’ancella serve e procura cibo alla sua signora, così la piccola vita serve e nutre la grande Vita, la quale raggiunge l’età perfetta attraverso le cure che la piccola vita le dà. È proprio questa piccola vita che vi procura la veste ornata da indossare quando divenite le Signore del Regno di Vita. È proprio questa piccola vita che vi fortifica col pane amaro, intriso di forte aceto, delle cose di ogni giorno, e vi fa adulti e perfetti per possedere la Vita che non termina. Ecco perché occorre chiamare “cara” questa triste esistenza d’esilio e di dolore.

 

È la banca in cui maturano i frutti delle ricchezze eterne. È passabilmente buona? Lodarne il Signore. È cosparsa di pene? Dir “grazie” al Signore. È triste oltre misura? Non dir mai: “È troppo”. Non dir mai: “Dio è cattivo”. L’ho detto mille volte: “Il male – e le tristezze che sono se non frutto del male? – il male non viene da Dio. È l’uomo il malvagio che fa soffrire”. L’ho detto mille volte: “Dio sa finché potete soffrire e, se vede che è troppo ciò che il prossimo vi procura, interviene non soltanto aumentando la vostra forza di sopportazione, ma con conforti celesti; e quando è l’ora con spezzare i malvagi, perché non è lecito torturare oltre misura il prossimo migliore”. La vita è cara per le oneste soddisfazioni che procura. Dio non le biasima. Il lavoro Egli l’ha messo. [Gen 3, 17-19] Per punizione, ma anche per svago all’uomo colpevole...

 

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