Le Quattro Lacrime: Presentazione Racconto Fantasy.
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Avete mai sentito parlare del mitico medaglione delle “Quattro Lacrime”? No…? Peccato… perché dovete sapere che il fantasmagorico medaglione, ha dei poteri magici straordinari, ma allo stesso tempo …un po’ tetri. Proprio così… il medaglione cela un mistero insondabile, che solo pochi conoscono.
La proprietaria del medaglione fatato è Liorz, un’autorevole Regina che possiede una lunga coda di leone. Meravigliati? Non
dovreste… perché nel regno di Arkovia,
sono tante le bizzarrie e le singolarità. Ad esempio… avete mai sentito parlare
di Mauram, la Principessa con i capelli dorati? E di Fawnier, il Principe con il corpo
da cervo? No…? Siete proprio dei discolacci! Ma forse avete avuto notizia
della riservata Amista, una
bellissima Principessa con le mani di cristallo. Oppure del Re con le orecchie da coniglio… Stupiti? Aspettate di fare conoscenza col
perfido mago Issurjot, il quale ha
sempre appollaiata su una spalla, la famigerata civetta rossa Siril.
Insomma… non siete ancora
contenti? Ed allora il piatto dell’estrosità, vi offre anche un enorme Drago,
una sfavillante Incantatrice dagli occhi di smeraldo, e una miriade di animali
polimorfi. E come inizia tutto ciò? Da un rapimento? Ma sì!
Dovete sapere che la
bellissima Principessa Pintaqua, è stata portata via dal Sovrano
Horjon. Ed ecco che la sorella Amista… affiancata dal fratello Fawnier,
iniziano a cercare la Principessa trascinata via con l’inganno!
Ma torniamo a noi, non siete
ancora sazi? Eccovi allora spumeggianti fiumi stregati che si
trasformano in meravigliosi castelli, vetuste mummie che
fuoriescono dal sottosuolo, lepri colorate che si lanciano da una
radiosa cascata circondati da vispe farfalle multicolori… il tutto
condito da mistero, azione, fantasia, tradimenti e da una regola
ferrea… guai a rimanere senza… un pizzico di magia!
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Breve Estratto del Racconto Fantasy:
Tanto tempo fa, nel maestoso regno di Arkovia, vivevano due regnanti che a dir la verità,
avevano numerosi problemi… Infatti, i due sovrani erano genitori di quattro figli; ognuno dei quali con
delle anomalie corporee, che gli
rendevano la vita problematica. Precisamente, i numerosi grattacapi dei quattro
discendenti, si sapeva bene che derivavano da alcuni incantesimi, che gli erano
stati inflitti prima della loro nascita. Tuttavia, nessuno sapeva il perché ciò
fosse avvenuto; né tantomeno si conosceva chi aveva attuato tali sortilegi. E
per di più, nonostante i numerosi tentativi compiuti… nessun mago o
fattucchiera, era stato in grado di rimuovere quegli orribili incantesimi. In
ogni caso, la vita della famiglia reale, continuava con punte di tristezza e
con la voglia e il desiderio, di poter un giorno… divenire persone normali.
Ma non è tutto, poiché anche i due Regnanti, furono vittime di simili sortilegi. Tanto è vero, che
il Re Conrab aveva da molti anni,
acquisito delle orecchie da coniglio.
Come si può facilmente immaginare, questo evento lo metteva a disagio, con
tutti i suoi parenti e sudditi. Al punto tale, che era assai raro scorgerlo
uscire dal castello; proprio perché provava un terribile imbarazzo, nel farsi
adocchiare con quelle ridicole ed enormi orecchie da coniglio. Difatti,
parecchie persone, non appena lo avvistavano… facevano fatica a non
ridacchiare.
Al contrario, alla sua reale consorte, la Regina Liorz; era comparsa da diversi
anni, una lunga coda di leone. Però
all’opposto del marito, alla Regnante la sua coda piaceva; e ne andava persino
fiera. Non a caso, a volte la Regnante,
utilizzava la sua coda come fosse un’altra mano. Invero, non era per nulla
inconsueto, osservare la Regina Liorz afferrare con la sua coda, degli oggetti…
o aprire alcuni enormi portoni del castello. È inutile aggiungere, che dalla
comparsa della lunga coda di leone, tutti gli abiti della Regnante… furono
modificati. Di fatto, gli esperti sarti di corte, crearono delle fessure e
fenditure su tutti i sontuosi abiti della Regina; per farci passare la coda
leonina.
Liorz,
aveva altresì un carattere energico e forte, e aveva al collo una catenella
dorata, che sorreggeva un bellissimo
medaglione di cristallo. All’interno del pendente, si trovavano quattro
splendide gocce azzurre, che altro non erano… che quattro meravigliosi zaffiri.
Il
medaglione era denominato, le Quattro
Lacrime; proprio per la similitudine che i quattro zaffiri, avevano con le stille del pianto.
Ma la cosa veramente singolare, consisteva negli strani
poteri magici, di cui era dotato il medaglione. In altri termini, la Regina
Liorz era in grado di soggiogare sotto il suo controllo, la mente delle persone. Ma per ovvi
motivi, questo recondito segreto, lo conoscevano solo lei e il suo amico e
confidente… il famigerato mago Issurjot.
Il mago Issurjot,
era celebrato per le sue arti magiche, e altresì per essere il Luminare del glorioso Tomo Corvino; che altro non era, che un
enorme libro antico, dall’involucro nero.
Nel Tomo Corvino, erano trascritte tutte le…
“Amista, il
Giudice sta arrivando… allora cosa facciamo?” ultimò Fawnier, con tono grave.
“Ho un’idea.
Inusuale, forse… ma può esserci d’aiuto” espose pensierosa, la Principessa.
“E sarebbe?”.
Amista fissò il fratello, poi con calma, espose
“Chiedere consiglio, alle Ancelle Fatate”.
“Ma cosa dici? Sono anni, che nessuno parla con le due
Ancelle Fatate; proprio perché non appaiono più a nessuno”. Alcuni cervi, si
misero a giocare tra loro.
“Lo so… Ai nostri Avi, apparivano spesso e volentieri…
donando ed elargendo, preziosi consigli
e profezie. Si narra che siano scomparse, dopo che il mago Issurjot è venuto a corte. Leggenda o realtà? Chi lo può dire?”
sentenziò Amista, scrutando l’orizzonte.
“Per l’appunto… non mi sembra un’idea brillante” il
Principe era teso e nervoso.
Dopo una breve pausa, la Principessa incalzò “Ascolta
Fawnier, cosa abbiamo da perdere? Nulla. Io direi di provarci lo stesso. In
caso contrario… troveremo un’altra soluzione”.
“E va bene…” disse Fawnier, a bassa voce “Ma mentre mi
dirigo al Mausoleo delle Ancelle
Fatate… tu pensa a qualche altra soluzione. D’accordo?” il Principe si avvicinò
a Coryador, accarezzandolo.
“Sai, cosa faccio? Vado a scambiare due idee, con la balia Resell… ci vediamo dopo” e
subitamente, Amista corse verso il castello.
Velocemente il Principe raggiunse il luogo, dove si
trovava l’enorme e maestoso, Mausoleo delle Ancelle Fatate. Il Mausoleo era
all’interno della foresta, precisamente in un’ampia radura, circondata da piante secolari. Più che un Mausoleo, pareva
una piccola fortezza, colma di molteplici sculture commemorative; le quali
fasciavano e avvolgevano, le altissime mura del Mausoleo. Tra le varie statue, si potevano notare delle vestali con
fiaccole accese, minuscole fate con fiori argentati, e altre figure di
ancestrali personaggi con lunghe barbe. Ma la cosa interessante, era che il
Mausoleo era circondato da cinque fontanelle zampillanti, da cui usciva un
gradevole profumo oleoso di rose, unite ad odorosi fiori di magnolia.
Ma Fawnier,
non riusciva a capire il perché, non era in grado di trovare la porta antica,
che gli avrebbe permesso di entrare nel Mausoleo.
In definitiva, il Principe ricordava bene di aver notato
in passato… una porta bordata da cinguettanti colibrì dorati. Ma di quella
porta… non ce n’era traccia.
Ad un certo punto, tutte le figure marmoree che rivestivano il Mausoleo, iniziarono a muoversi
lentamente… fino ad allontanarsi dal maestoso Mausoleo. E all’improvviso, le
mura si aprirono a fiore che sboccia. In breve, le mura fecero come degli
enormi spicchi di arancia… e si dischiusero a cerchio. Al centro, si poteva
notare una colonna altissima di fumo e vapore colorato, dal diametro di tre metri.
Il Principe sentì una voce interiore, che gli indicava
di addentrarsi all’interno della colonna di fumo colorato. E non appena Fawnier ci entrò… all’improvviso, un
vortice lo prese e afferrò… fino a condurlo in un luogo da sogno… circondato da
esalazioni e vapori variopinti e variegati.
Il Principe capì subito, che era penetrato in una
dimensione fatata; dove le regole monotone e lineari del nostro mondo… non
esistevano più. Era un ambiente incantato… dove la fantasia, la magia e la follia… erano la consuetudine.
Non a caso, Fawnier comprese che
stava letteralmente volando, pur se rimaneva fermo. Non esisteva un pavimento,
e il suo corpo da cervo… si librava a mezz’aria nel vuoto, circondato da vapori
e fumi multicolori.
E lentamente… tra quei vapori multicolori, Fawnier intravide due leggiadre
figure: …le due Ancelle Fatate.
Le Ancelle
Fatate erano due dame molto differenti tra loro. Una dama, era con i
capelli argentei e vesti bianche avorio. L’altra, aveva capelli blu notte, e un
vestito dello stesso colore.
L’Ancella Fatata Blu, dopo averlo scrutato con disprezzo, affermò “Ecco il
rampollo della famiglia reale, che pretende risposte… a domande senza senso.
Allora… parla! Perché sei venuto a turbare, le fragili note del destino?”.
Il Principe, con un po’ di ansia nel cuore, rispose “Io
e mia sorella, non sappiamo cosa fare… abbiamo da poco scoperto che…”.
“Non capitolare giovane Principe, alle molte parole…”
lo interruppe l’Ancella Fatata Bianca
“…come puoi credere, che la tua domanda, non sia già stata consegnata… nel
fatidico antro del tempo?”.
Fawnier un po’ spaesato, riprese a dire “Mi sembra di capire,
che sapete già la domanda che mi assilla. Non è così?”.
L’Ancella Fatata Bianca, dopo un volo pindarico in
direzione del Principe, dichiarò “Le scelte di un giovane, rimangono
inespresse… se la coppa della tua forza, rimane una brezza solitaria”.
“Come…? Non capisco…” bisbigliò Fawnier, scrutando la
dama con perplessità.
“Siamo semplici Ancelle… che da decine di anni, non
parlano che con i barlumi sereni del tempo. Puoi scusarci se le nostre frasi…
sono un po’ disarticolate. Vero?” e nel finire la frase, l’Ancella Fatata
Bianca, svolazzò leggiadra, all’interno di soporiferi vapori, color argento
fatato.
“Certo…” espose il Principe, estraniato.
“Ascoltami bene,
giovane Principe…” espose l’Ancella Fatata Bianca “Tu, insieme a tua sorella, e
ai tuoi amici animali… dovete affrontare il Sovrano Horjon. Se
non segui questo ilare itinerario, per te e la tua famiglia… la sorte sarà
colma di dolore e morte!” esclamò l’Ancella Fatata Bianca, roteando su se
stessa, ed infine danzando tra un fumo colorato e l’altro.
“Cosa…?! Andare a liberare Pintaqua? Scusate, Ancella Fatata… ma dimenticate che Horjon ha migliaia di guerrieri! Come
possiamo… io, mia sorella e i miei amici animali… sconfiggerlo?”.
Fawnier intravide le due dame, ridacchiare fortemente.
Dopodiché l’Ancella Fatata Blu, dopo aver fatto due piroette, sempre volando…
si avvicinò al viso del Principe, e asserì “Domande patetiche, ci obbligano a
rispondere… mediante frasi sconnesse!” la voce della dama, era cavernosa e
impertinente.
“Finiscila, sorella… altrimenti confonderai le idee del
nostro ospite” concluse l’Ancella Fatata Bianca, con aria serafica…
“Non vi arrabbiate con me, messere…” rispose subito la
gentile voce “Io sono una Ninfa… e
sono vittima di un sortilegio che un perfido stregone, mi ha fatto molto tempo
fa… Per far tornare vostra sorella come prima, devo poter uscire dal Faro. Infatti… fintanto che rimango
rinchiusa qui dentro, la mia voce
non può fare altro che rendere le persone… degli strani animali. Magari fosse vero, che riuscite a buttar giù la
porta! Ma sventuratamente, la porta ha un potente incantesimo, che non permette
a nessuno, di oltrepassarla…” ultimò la voce di dama, con garbo e mestizia.
Il Principe
Fawnier deciso, tuonò “Questo lo vedremo!” e con determinazione, Fawnier si
diresse verso la porta argentata… puntando su di essa, le sue lunghe corna di
cervo. Dopodiché, la colpì a piena potenza.
Ad un tratto, il Principe si ritrovò al di là della
porta incantata, senza che fosse stata abbattuta. In sostanza, Fawnier era
riuscito inspiegabilmente, a passarci attraverso.
Fawnier, osservò la Ninfa con espressione alquanto
sorpresa. La Ninfa era in piedi
vicino ad un tavolino di marmo bianco, e sgranava gli occhi con stupore.
Il fatto insolito, era che il Principe non riusciva a
levare lo sguardo dalla Ninfa… essendone rimasto abbagliato dalla bellezza e
dalla grazia, che tale fanciulla possedeva. Invero, la Ninfa era una giovane
donzella, con capelli castani chiari molto lunghi, e due occhi da cerbiatta che
osservavano con gioia, l’inaspettato ospite.
Dopo pochi istanti, la Ninfa prese la parola… e con
tono di sollievo, commentò “Ci siete riuscito, messere! Avete spezzato
l’incantesimo!”.
Il cuore del Principe Fawnier, fece un sussulto… ma poi dopo quel principio di
irrazionale fervore, rispose alla Ninfa “Per favore, vi chiedo di far tornare
mia sorella, una ragazza normale. Forse non lo sapete, ma il vostro canto… l’ha
resa un animale dalle molteplici forme; proprio come le numerose creature, che
si trovano fuori dal faro”. L’intenzione del Principe, era di ordire una voce
cupa e nervosa; ma invece non si sa come, mentre proferiva tutte quelle idee…
gli uscì fuori una voce melodiosa.
“Certamente…” gli rispose la Ninfa, sorridendo
“Difatti, l’incantesimo che mi è stato fatto, mi costringe a cantare diverse
volte al giorno. Ma basta che mi portate fuori da questo faro… ed eseguirò quello
che mi avete chiesto. Ma ditemi…” soggiunse la Ninfa “Come mai, siete diventato
solo in parte, animale? Di solito tutte le persone, si tramutano completamente
in diverse tipologie di animali… Siete forse uno stregone?” concluse la Ninfa,
dopo aver scrutato il corpo da cervo, di Fawnier.
A quell’ultima domanda, il Principe non sapeva se dirle
la verità o meno… In realtà, Fawnier
non amava parlare della sua condizione fisica, di mezzo uomo e mezzo animale.
Ma per la prima volta in vita sua, avvertiva che era giunto il momento di
infrangere quella barriera interiore, e di aprirsi alle confidenze. Fawnier non
sapeva come… ma si sentiva a suo agio con la Ninfa. Proprio così… non riusciva
a provare per lei, altro che affetto e tenerezza. D’altronde, anche se in
maniera diversa, avevano entrambi un problema
simile.
Comunque sia, Fawnier
con voce strascicata, rispose “No… non sono un mago… Ma anch’io come voi, sono vittima di un sortilegio, che è stato
fatto alla mia famiglia. Quello che vedete davanti a voi… è il mio aspetto
reale… cioè… quello di sempre…”.
“Ah… adesso capisco… ecco perché l’incantesimo di cui
sono vittima, non funziona con voi” disse un po’ a disagio la Ninfa “Scusate la
mia impertinenza, messere…” la Ninfa abbassò lo sguardo.
“No… non mi piace che mi chiamate così” si affrettò a
dire il Principe “Il mio nome è Fawnier,
Principe di Arkovia; posso sapere il vostro?”.
La Ninfa sempre con lo sguardo abbassato, dichiarò
“Sono una Ninfa, proveniente da un luogo molto lontano. E il mio nome è
Nuvjel…”.
“Nuvjel… è
proprio un bel nome” asserì il Principe Fawnier, arrossendo “Ma ditemi una
cosa, Ninfa Nuvjel…
La coda della Regina
Liorz, non riusciva a star ferma… infatti, seguitava a sbatacchiare
nervosamente, sul pavimento di legno intarsiato, facendo anche un particolare
crepitio… che aumentava la tensione… soprattutto del mago Issurjot. Entrambi si trovavano in un locale non molto grande,
pieno di alambicchi e strani marchingegni, fatti di legno e argento. Tutti e
due stavano in piedi vicino ad un enorme pentolone, che sputacchiava fiamme
acerbe e fumo a volontà.
“Cercate di star calma…” disse il mago, con un tono di
voce irrequieto; al contempo la barba trasaliva di un colore bluastro “Fra
poco, avremo ottenuto quello che agogniamo…”.
“Certo… certo…” rispose la Regnante, evasivamente “Ma
perché, dobbiamo attendere tanto? Ogni istante che passa, può succedere un
imprevisto, e poi…”.
“Avete forse perso fiducia, nelle mie potenzialità?” la
interruppe con aria indifferente, Issurjot;
il quale mentre parlava, mise una mano nel pentolone, dove per magia, si crearono delle strane forme
fumogene… fino a modellare l’immagine della Principessa Mauram, che parlava con la vecchietta.
“Eccola! Finalmente la vedo!” affermò speditamente Liorz, nello scorgere la figlia “Forza
Issurjot… agisci ora!”.
Il mago fece un piccolo risolino mordace, e dopo aver
confabulato strane ed insolite frasi magiche… indirizzò tutte e due le mani,
verso l’immagine della Principessa Mauram.
All’improvviso, per tutta la stanza si alzò un vento impetuoso. Entrambi, si misero a ridacchiare.
La vecchietta,
stava finendo il suo discorso sulla nipote dell’erborista Remjo, quando un
vento fortissimo… si scaraventò sulle due donne. La vecchietta fece ruzzolare
il pane a terra, e si aggrappò alla veste della Principessa per non cascare. Mauram
lasciò le mani che tenevano il foulard color cenere, che le copriva i capelli
dorati; e strinse a sé la vecchietta… come per proteggerla dal turbine furente.
Ma bastarono quei
pochi istanti, per far sì che il foulard e la retina sottostante, svolazzarono
via… lasciando librare al vento, i bellissimi capelli dorati della Principessa.
Adesso… sembrava
che fosse proprio Mauram, ad aver bisogno di soccorso; infatti semi spaventata… stringeva convulsamente la
vecchietta. Mentre il vento, come per incanto… all’istante svanì; lasciando le
due donne… un po’ frastornate.
A dir la verità,
le chiome di Mauram erano veramente
incantevoli; il sole poi, gli donava dei bagliori e riverberi …che rendevano i
suoi capelli dorati, ancora più luminosi.
La vecchietta
rimase stupefatta, nel vedere cotanta bellezza; e mentre squadrava con
curiosità la Principessa, non sapeva più cosa dire.
Mauram bisbigliò
un veloce “Grazie tante signora… ma adesso devo andare via…” e così dicendo,
senza pensarci due volte, la Principessa si incamminò speditamente, verso il
castello.
Ma dopo pochi
passi, Mauram si trovò attorniata da alcuni passanti incuriositi; i quali scorgendo i capelli dorati della
Principessa, iniziarono a tempestarla di domande. “Ma siete forse la Principessa Mauram?” domandò
interessato un tozzo signore, che portava delle vecchie travi.
“Pensavamo foste
malata” soggiunse a mezza voce, una donna di mezza età.
“Che bei capelli…
ma sono veramente d’oro?”. Queste
erano le domande più ricorrenti.
Mauram rispondeva
a monosillabi, con voce tremolante. Non sapeva cosa fare… poi decise di
salutare tutti; ma prima che potesse aggiungere una sola parola… un ragazzino
vide un capello dorato a terra, e afferrandolo avidamente con le mani, strepitò
“Guardate! Ho preso un capello dorato… Adesso saprò cosa dare da mangiare, ai
miei fratellini!”.
Il cuore della
Principessa prese a battere forte, sembrava un tamburo delirante. Poi diede
un’occhiata fulminea al ragazzo; ed infine cercò di farsi strada, tra la ressa
che si era venuta a creare. Ma la folla aumentava a dismisura; e come tutto iniziò… non si seppe mai…
Molteplici mani
come piovre fameliche, cominciarono
a strappare i capelli dorati di
Mauram.
Prima uno… poi
due… e così via. Tutti presero ad agognare i capelli dorati di Mauram, e
cominciarono altresì a strattonare la Principessa, con mani bramose e voraci di
oro. Come si può facilmente immaginare… le strapparono via, intere ciocche di
capelli.
Il dolore era
lancinante… Mauram cercava con le mani di preservare i suoi capelli, da quelle
mani assetate di ricchezze. Ma più
cercava di svincolarsi da quella morsa, e più sembrava che stessero per renderla
veramente calva.
Ad un tratto,
un’altra terribile folata di vento, mise fine a quel triste e sconsolato
scenario. Mauram prese la palla al balzo, e piangente oltre che sofferente…
corse via da quella folla delirante.
La Principessa Mauram lasciò dietro di sé,
numerose persone grondanti di felicità. E invero, molti di loro con i capelli
di Mauram in mano, discutevano allegri sulla loro buona sorte. Un signore che
aveva ben cinque capelli dorati in mano, vide la vecchietta che in precedenza
parlava con la Principessa, e le chiese “Lei non è riuscita a prenderne nemmeno
uno? È proprio sfortunata!” sentenziò l’uomo, mentre scrutava la donna con
espressione falsamente compassionevole.
La vecchietta,
dopo aver recuperato il suo pane da terra, rispose accigliata “Brutto
scellerato! Gli sfortunati siete voi!
Non capite che avete fatto del male, ad una povera fanciulla?”.
“Ma cosa dite?
Cosa vuole che le importi, per aver perso qualche capello?” le rispose il
signore, sdegnato “La capigliatura le ricrescerà… Oltre a ciò, è una
Principessa… non è povera come noi!” e dicendo questo, l’uomo si diresse con
fare ostentato, verso i suoi amici.
La vecchietta non
soddisfatta, rimbeccò “Siete ben peggio che poveri! Non si acquista la
ricchezza rubando, e facendo soffrire il prossimo! Ma è pur vera una cosa… che
siete poveri… sì… di amore!” e
pronunciando queste ultime sferzanti parole, la vecchietta se ne andò via…
mordicchiando nervosamente, un tozzo di pane.
Erano più rapide le lacrime che precipitavano giù dalle gote della Principessa Mauram, che le sue gambe. Mauram correva… correva… non
le importava se a volte il suo vestito si aggrovigliava selvaggiamente, su
alcuni rami spinosi… correva… E così, ad un certo punto, raggiunse il solo
posto al mondo, dove si sentiva voluta bene: …nel bosco confinante al castello.
E non appena Mauram raggiunse un posto solitario, si
gettò a terra riprendendo a singhiozzare.
Dopo pochi attimi, le si avvicinarono le sue amiche lepri color confetto. Le quali
vedendola così afflitta, dimessamente si accovacciarono accanto al lei, con
l’intento di consolarla.
Ma fu tutto inutile… Mauram continuava a versare
copiose lacrime. Allora alcune lepri, se ne andarono via… per poi tornare con
molteplici farfalle multicolori al loro seguito. Le farfalle erano bellissime, e di numerose forme, colori e di diverse
tipologie. E iniziarono ad aleggiare gioiosamente, intorno a Mauram. Le
farfalle erano talmente tante, che il loro sbattere
d’ali… era addirittura percettibile.
Mauram per un attimo… alzò lo sguardo, per scrutare che
cosa fosse quello strano brusio. E con sua enorme meraviglia… vide migliaia di
farfalle variopinte, che svolazzandole intorno, avevano abbozzato nel cielo, un
bellissimo prato fiorito… trapuntato
di luci multicolori.
E allora le lepri, percependo che la loro supposizione,
aveva conseguito l’effetto sperato… si misero a danzare intorno alla
Principessa, con salti e balzi straordinari. Mauram smise di piangere, e
osservando meravigliata quel bellissimo spettacolo, fece un leggero sorriso. Dopodiché, come presa da una
forza e vitalità incredibile… si alzò e si mise a ballare anche lei.
I pensieri di Mauram, erano tempestati di frecce di gioia… ormai non rammentava
più le mani voraci, che lambivano la sua chioma dorata… Sentiva solo una brezza
leggera invadergli la mente… una soave
carezza, la quale supportata dal ventilare delle ali delle farfalle… quasi
le solleticava l’animo.
Poi la Principessa, presa da una frenesia
irrefrenabile… si mise a correre verso il bosco; e tutte le farfalle e le lepri
multicolori… presero a seguirla.
La corsa era come un fiume in piena, che si smuoveva
sinuosamente da albero ad albero, da fiore a fiore… e a volte i suoi capelli
dorati, erano trasportati dalle ali
delle farfalle… le quali quasi sembravano sorriderle, con i loro colori rapiti dai raggi del sole.
I balzi fulminei delle numerose lepri, sembravano
altresì il riverbero di tanti grilli
panciuti, che galoppavano verso le sagome
dell’infinito…
Ed infine, Mauram si lanciò da un altopiano, verso un
piccolo stagno sottostante… Ma la cosa straordinaria, era che mentre la
Principessa capitombolava dal suo volo pindarico… le farfalle le roteavano intorno, mentre le lepri color confetto,
ormai rapite dall’estasi del sogno…
seguirono Mauram senza alcun timore.
Per quel breve istante… in piena caduta libera, Mauram
aveva dimenticato tutte le sue sofferenze, e gli sembrava di vivere in un sogno
popolato da gnomi e folletti. Rideva
e piangeva contemporaneamente. Si potevano scorgere diverse lacrime, frangersi sulle ali di alcune farfalle…
che poi, con il riverbero del vento
e i raggi del sole… parevano stelle
variopinte di mille colori…
Alla fine la Principessa, si adagiò nel ventre del lago
sottostante. E poi… come risvegliata da un sogno edulcorato da vapori aromatizzati,
colmi di fasci lunari… uscì dal
piccolo laghetto, accompagnata dalle sue amiche lepri.
Mauram non si preoccupò poi molto, di essere tutta
fradicia; e sempre con aria serafica e sorridente, ringraziò le farfalle e le
sue amiche lepri.
Improvvisamente, Mauram vide fuggire via tutte le
farfalle, seguite a ruota dalle vispe lepri. La Principessa rimase interdetta,
da tanta voglia di dileguarsi. Poi alle sue spalle… una fredda voce, ululò “Mauram”.
La Principessa si vide sovrastare da un’ombra glaciale… poi lentamente, si
voltò… e la vide: …la Regina Liorz.
“Madre…” asserì
Mauram, sorpresa da quella visita. “Cosa fate qui…? Non state male?”.
Liorz si approssimò alla figlia, con passo felpato; simile al lento incedere
di un ghepardo… all’avvicinarsi
della sua preda “Certo che provo tormento…” disse con piglio deciso “Ma il mago Issurjot, mi ha avvisata che eri
in pericolo; e quindi sono venuta ad aiutarti. Non sei contenta di vedermi?”
concluse la Regnante, con una voce che pareva un ghigno.
Mentre Liorz si avvicinava, Mauram provava una
sensazione amara nel cuore “Sì, madre… sono contenta di vedervi… Non sapete,
quello che mi è successo in città…”.
“So tutto, piccola mia…” la coda di Liorz fece un balzo, colpendo inavvertitamente un
ramoscello, spezzandolo “Non dimenticarti che Issurjot è un mago; e quando non
ti ho vista arrivare, ho mandato lui a prendere la pozione di fiori di betjrjan. Ecco spiegato il
motivo, della mia repentina guarigione…” poi afferrando la mano bagnaticcia
della figlia, Liorz continuò “Adesso vieni con me, ho una cosa importante da proporti”.
Mauram seguì la madre, mentre un’insolita sensazione di soffio glaciale… le attraversò la schiena…
Fawnier con piglio deciso, si avvicinò ancora di più al basamento del Portale Magico; e senza esitazione,
mise le mani dove si trovavano le due impronte.
Nelle alte volte ad arco del castello fatato, i
molteplici pesci volanti, si misero
a sfrecciare speditamente… nel verso contrario. Al contempo, le raganelle iniziarono a gracchiare
disarmoniche, mentre saltellavano sulle pareti esterne del castello.
Subitamente, una luce verdastra cominciò a fuoriuscire
dal Portale Magico, e diventò sempre più intensa… fino a divenire un fascio di
luce potentissimo, che avvolgeva interamente la corporatura disarmonica del
Principe.
Ad un tratto, il Principe avvertì un fortissimo
bruciore alle mani… a tal punto, che fu costretto a sottrarle.
Nuvjel corse in suo aiuto, e vide le mani di Fawnier, arrossate.
“Ma che trucco è mai questo?” sbottò Fawnier, con tono
di rimprovero “Da quel portale, usciva del fuoco… non un’armatura!” lo sguardo
del Principe rivolto ad Elrjana, era
severo.
“Mio giovane Principe… non sempre la baldanza e l’impulsività, sono sinonimo di forza interiore” spiegò Elrjana,
rincuorandolo “La decisione presa dal Portale Magico, è stata giusta e
bilanciata” poi l’Incantatrice, volgendosi verso le due dame, chiese “Allora
mie dolci fanciulle… avete timore di provare il vostro coraggio?”.
Amista, per un attimo fissò Nuvjel, e poi commentò a
mezza voce “Ma… l’unica persona che poteva essere un guerriero, è mio fratello.
Come possiamo noi dame, compiere le gesta di un valoroso combattente?” anche
Coryador e Igryn, sembravano d’accordo, mentre alcune raganelle li fissavano
con curiosità, al di là del muro trasparente.
“Credi veramente, che la forza del cuore… debba riposare nel petto di un uomo?” replicò
l’Incantatrice, con fermezza.
Amista era sorpresa da quelle parole; e voltandosi
verso la Ninfa, enunciò “Nuvjel… il destino di mia sorella, è nelle tue mani…”
concluse Amista, con slancio.
“In verità, non ho mai combattuto…” affermò Nuvjel,
cercando di apparire calma “…ma se questo deve essere il mio fato… così sia!” e
anche se un po’ incerta, Nuvjel mise le mani sulle impronte del Portale Magico.
Il volto di Fawnier, si incupì.
Dopo pochi istanti, la luce color giada, tornò a risplendere e ad infiammarsi; ma anche la
Ninfa… dovette ritirare le mani, dal troppo calore. Il gracidare stridulo delle
raganelle, parve aumentare.
Fawnier velocemente, trascinò Nuvjel lontano dal Portale Magico, dopodiché con un’espressione
furente, replicò disgustato “Lo sapevo… è tutto un inganno per tormentarci!
Forse dovremo andare a combattere, così come siamo!”.
Amista con tono inquieto, replicò “Elrjana, perché ci
avete elargito dichiarazioni false? Forse… per vendicarvi della nostra
intrusione, nel vostro regno?”.
Elrjana non rispose, ma con un gesto della mano, fece
cenno alla Principessa… di provare
anche lei. A quel gesto, sia il cervo bianco Coryador, che il falco Igryn, si fissarono perplessi. Ed
anche i numerosi falchi e cervi, che
scrutavano la scena da oltre le pareti trasparenti del castello, si scambiarono
delle occhiate inespressive.
Amista affermò prontamente “Come…? Ma volete scherzare?
Sapete bene, che le mie mani sono di
cristallo… Non potrebbero mai resistere, al calore di quella strana luce” e
pronunciando queste parole, si avvicinò al fratello… come per cercare protezione.
Il Principe ormai sempre più teso, ma allo stesso
tempo, cercando di proteggere la sorella, non disdegnò dal dire “Amista, non ci
pensare nemmeno. Se l’Incantatrice è una gentildonna di parola, ci farà
passare. Ce la faremo anche senza l’armatura magica…”.
“No, Fawnier… la decisione spetta soltanto a tua
sorella” l’espressione dell’Incantatrice, era grave “Allora Principessa Amista.
Qual è la vostra sentenza? Ma prima di rispondere, vi avverto. Senza l’armatura magica Sungreen… il
Sovrano Horjon vi annienterà”.
Centinaia di pesci volanti, abbandonarono le alte volte
ad arco del castello… e si misero a svolazzare aggraziati, intorno alla
Principessa. La quale, pensierosa, si tolse con titubanza, i guanti di pelle di
rinoceronte; consegnandoli al fratello. Dopodiché, con occhi inquisitori, fissò
le proprie mani… come in cerca di una risposta.
“Amista, No! Non cadere nel suo tranello!” esplose il
fratello “Pensaci bene… resterai senza mani!”.
Amista, dopo un attimo di raccoglimento, si rivolse a
Fawnier, dicendo “Lo so. Ma a cosa mi
servono le mani… se non posso usarle? Tu non sai, cosa vuol dire passare
l’intera esistenza, senza poter fare quello che desideri. Sai quante volte…
avrei voluto accarezzare un bambino, stringere la mano ad un amico, prestare
aiuto a quanti con dolcezza… me lo chiedevano. E il tutto, senza temere di spezzare le mie mani… in mille
frammenti di cristallo. Ho vissuto tutta la mia esistenza, con la paura di non valere niente. Mi sono sempre sentita,
un peso per tutti… Ed ora, mi si presenta l’occasione, per dimostrare che posso
fare qualcosa per gli altri. Se le mie mani si spezzano… mi rimarrà almeno il
pensiero, che ho fatto qualcosa per Pintaqua”.
“Amista…” mormorò Fawnier, allontanando con le mani,
alcuni pesci volanti, che svolazzavano leggiadri attorno alla sorella
“Ammettendo che riesci a prendere l’armatura magica… ti ricordo, che non sei
portata ai combattimenti. Sei sempre stata una ragazza, modesta e delicata.
Rifletti bene…” nel dire questo, Fawnier porse i guanti di pelle di
rinoceronte, alla sorella.
Amista scrutò ancora le sue mani di cristallo; poi con
voce flebile… spiegò “Quello che dici, è vero. Ma te lo ripeto… sapessi nel mio
cuore, quante volte ho desiderato vivere la mia vita, con sicurezza e vitalità… senza essere trattata come una menomata. E adesso, forse… mi si
presenta la possibilità, di far sgorgare dal mio cuore, tutte le energie che vi ho riposto a malincuore. No… caro
fratello. Devo farlo… per me… per te… e per nostra sorella…” e dopo queste
ultime parole, Amista si avviò con passo deciso, verso il Portale Magico; e pur
se con mani vacillanti… le accostò sulle due impronte.
Le raganelle acuirono il loro disarmonico gracchiare, mentre i pesci volanti, si strinsero
maggiormente alla Principessa. Volandole intorno, con frenesia.
Non appena Amista
ebbe accostato le mani al Portale
Magico, fuoriuscì…
Per tutta la notte, il Sovrano Horjon non chiuse occhio. Il fatto lo colpì non poco, visto
e considerato che quella che si prospettava il giorno seguente… non era certo
una vera battaglia. Infatti, dover affrontare due donzelle, e un giovane Principe mezzo animale… non poteva
certo considerarsi un pericolo, di cui provare timore. Ma nonostante tutto, il
Sovrano per l’intera nottata, aveva gironzolato nei meandri del suo
mastodontico castello, senza pensare ad altro… che al momento del
combattimento.
Solamente quando l’alba stava per sopraggiungere, il Sovrano Horjon sembrava aver ritrovato
serenità e fiducia “Sono solo due insulse giovinette, ed un centauro mal
riuscito” pensò tra sé il Sovrano, mettendosi a posto la sciabola tempestata di
diamanti azzurri “Perché mai, dovrei preoccuparmi di loro?”. E dopo aver
indossato il mantello blu scuro, si diresse nella maestosa sala da pranzo, con
ritrovata serenità.
Durante la colazione, lo scudiero e confidente Rjonov, era rimasto al fianco del
Sovrano, senza fiatare. Poi come preso da un impulso improvviso, assicurò
tronfio “Mio eccelso Sovrano, tutte le guardie armate, sono posizionate ai loro
posti di combattimento. Non appena giungeranno i nemici… li stermineremo
all’istante”.
“Cosa hai detto, Rjonov?” replicò il Sovrano Horjon infastidito, spalmando della fresca
marmellata di mirtilli, su una fetta di pane tostato “Sterminarli? Ma sei forse
uscito di senno? Non ricordi, quello che vi ho esposto, l’altro giorno? Non ci
devono essere né morti, né feriti… Dopotutto, stiamo parlando di persone che
sono parenti della mia… ormai ahimè… non più promessa sposa…” lo sguardo del
Sovrano, si fece dolente.
“Come sempre… avete ponderatezza nel parlare, mio
eccelso Sovrano…” aggiunse Rjonov, guardando gli austeri lineamenti del
regnante “Ma pensate se vengono a scoprire, quello che è avvenuto alla Principessa Pintaqua… D’altronde, il
messaggio che proveniva dal regno di Arkovia, parlava chiaro. Sono esseri
stregati e con poteri magici inauditi. Insomma, potrebbero distruggere, o far
perire il nostro popolo… in un baleno. O peggio ancora… sterminare l’intera
regione!” finì Rjonov, prefigurandosi catastrofi e affini.
Il Sovrano, squadrò con severità il suo scudiero, e poi
con voce grave, sentenziò “Osi forse, contraddire un mio ordine?”.
“No…no… mio eccelso Sovrano…” rispose subito lo
scudiero, con un sussultante gemito “…è che, insomma …le dicerie e
indiscrezioni, che si sentono ripetere su di loro… non sono inezie; ecco
tutto”.
“Avanti, vuota il sacco… cosa si afferma riguardo a
quei tre strani esseri? Quello che
ho udito finora… è che uno di loro, ha un corpo di cervo… Ma la cosa non mi
pare insolita, visto e considerato che anche i suoi genitori… hanno delle eccentriche peculiarità. Sicuramente ha
la facoltà magica, di mutare il suo corpo, quando necessita. Ma la cosa finisce
lì… oppure no? Avanti Rjonov, parla!” concluse nervosamente il Sovrano Horjon,
mentre con un tovagliolo di pizzo, si cingeva a pulirsi la bocca.
A quella imperiosa domanda, lo scudiero Rjonov diede sfogo a tutta la sua loquacità; e proferì con
accenti da eccelso oratore “Vi ricordate quella orribile civetta rossa, mandata
dal confidente della Regina Liorz?
Bene. La piccola pergamena che ci ha consegnato… parlava chiaramente di come
gli animali seguono le direttive di quel Principe fattucchiere, dal corpo di
cervo… e che la Principessa Amista, altro non è che una strega, che lancia
fulmini e lampi. Ma la cosa più straordinaria… è che con la scusa di liberare
la sorella, in realtà desiderano entrambi, impossessarsi del vostro regno!” il
viso di Rjonov, parve trasalire.
Il Sovrano Horjon non resistette oltre, e si mise a ridere con gusto “Rjonov… come puoi
credere che un orrendo pennuto rosso, possa portare notizie veritiere?” e dopo
aver sorseggiato un aromatico nettare color giallo scuro, proferì con ironia
“Stai pur certo, che alla fine della rapida battaglia, ti eleggerò giullare di
corte. È certo, che sei abile a farmi ridacchiare… Ma che mi dici, di quello
che hanno riferito le due sentinelle, riguardo ad un’altra donzella? La missiva
di quella orribile civetta rossa, parlava solo di una fanciulla, e non due…
Allora?”.
“Non saprei, mio eccelso Sovrano… forse si tratta di
una dama di compagnia. Tuttavia, una sentinella ha detto che è una Ninfa”
rispose Rjonov con voce pensosa; dopodiché con tono insidioso, aggiunse “E
allora mio Sovrano… sempre riguardo a quella anomala missiva, giunta qui
inaspettatamente… avete letto anche voi che diceva il vero, sulla loro venuta.
Insomma… parlava proprio di questo… dichiarava espressamente che il fratello e
la sorella di Pintaqua, altro non
sono che dei traditori del loro regno… e che sono altresì degli stregoni, in
cerca di fortuna. Per non parlare del sigillo che chiudeva la missiva… era il
sigillo reale, dell’impero di Arkovia!”.
“Certo… quello che asserisci è tutto vero…” assicurò
con calma il Sovrano Horjon, alzandosi dalla tavola “Ma il mio buonsenso, mi
esorta di placare le teorie… e di affidarmi ai fatti. Troppe volte sono
capitate da capo a collo, ingannevoli notizie riguardanti carestie… guerre… o
peggio ancora, tempeste di sciagura.
E poi, come ben sai… non se ne è fatto più nulla”.
“Ma, eppure…” lo scudiero tentò di insinuare ancora
qualcosa; ma la voce del Sovrano Horjon, tuonò il suo “Basta così, Rjonov! Ti
ordino di finirla di riempirmi la testa, di ulteriori frottole di contrada! Il
tempo della battaglia ha inizio… e ravviseremo entrambi, se quello che
dichiari, è vero o meno”.
Scortati da quattro sentinelle e da un Comandante, il
Sovrano e Rjonov, si diressero verso un’enorme e marmorea scalinata, per
raggiungere la Torre Alta del
possente castello.
Uno strano silenzio, aleggiava nell’enorme castello del Sovrano Horjon. Le numerose milizie armate, erano ai loro posti di
combattimento. Si potevano osservare numerosi arcieri e possenti condottieri,
che cavalcavano bellissimi cavalli; i quali non sembravano sgomenti delle
pesanti armature, che dovevano sostenere. In aggiunta, si potevano scorgere
imponenti catapulte, con al loro interno, dei singolari ed inusitati ammassi di
bitume, pece… ed un’altra sostanza color oro.
Il Sovrano Horjon infine, giunse con lo scudiero
Rjonov, le sentinelle ed il Comandante,
su una delle torri più elevate del possente castello.
Subito dopo, Horjon affermò con decisione al Comandante
dei guerrieri “Allora, cosa aspettate? Che si dia inizio a questa farsa. E
comunque, Comandante… ricordatevi bene, quello che vi ho ordinato”.
“Certamente, mio Sovrano” rispose con voce ferma il
Comandante, facendo segno a dei soldati “Non torceremo un capello, ai nostri
tre avversari”.
Horjon volse lo sguardo all’orizzonte, e intravide su
un altopiano, la figura esile della Ninfa…
la quale era adagiata su una collinetta, in attesa dell’inizio della battaglia.
Più sulla destra, si poteva notare Fawnier,
con alle spalle tutti i suoi amici cervi. Infine si intravedevano anche Igryn e
gli altri falchi; i quali con portamento regale, stavano tutti addossati… sulle
corna dei cervi. Naturalmente, erano tutti con le loro Armature Fatate; che gli
donavano una possanza e un portamento, veramente signorile. Ma
inspiegabilmente, non c’era alcuna traccia della Principessa Amista, né del cervo Coryador.
Dopo avere per qualche istante scrutato la scena, il
Sovrano Horjon si rivolse allo scudiero, affermando “Allora Rjonov, questo
desolante e penoso scenario… ti fa accapponare la pelle? Per la verità, mi
sento di dire… che ho pena per loro.
Ed è per loro fortuna, che ho stabilito di non farli perire. Ebbene, cosa
rispondi?” il mantello blu, sventolava alle spalle del Sovrano, proprio come
un’onda caliginosa…
Dopo aver camminato per diverso tempo, tra lunghissimi
corridoi a zig zag, e stanze sfarzose… ad un certo punto, Amista rivolgendosi
al Sovrano Horjon, commentò “Devo dire che l’avete nascosta bene, mia sorella. Non sarà mica segregata in
qualche squallida cella… spero”.
“No” fu la laconica risposta del Sovrano, mentre con
una mano, apriva un’altro immenso portone bordato d’oro. Ma poi avvertendo che
Amista iniziava a rivolgersi a lui con tono interessato, aggiunse “La sapete
una cosa, mia cara Principessa? Noi due, abbiamo molte cose in comune…”.
“Davvero? Io non credo…” rispose Amista, senza ricambiargli lo sguardo “…comunque, cosa avremmo in
comune? Forse un titolo nobiliare, conquistato senza alcun merito, sin dalla
nascita? Mi sembra troppo poco… non credete?”.
“Bè… dovete sapere che anch’io molto tempo fa, sono
stato vittima di un sortilegio”
continuò con aria serafica, il Sovrano Horjon, mentre schiudeva un ennesimo
portone argentato.
“Davvero?”
domandò Amista, con rinnovato interesse “E quale sarebbe? La frenesia di ghermire… fanciulle che vi
attraggono?” fu la provocatoria domanda, della Principessa.
“Queste sono prerogative di un Sovrano… no… no…” disse
pacatamente Horjon, accennando altresì un mezzo sorriso “La verità… è che la
vostra amica Elrjana, mi ha fatto proprio un bello scherzetto”.
“Avete finito di importunare mia sorella?” esclamò con
sgarbo, Fawnier. E poi riprese “Non avete proprio un minimo di dignità! Prima
rapite Pintaqua… e adesso sotto gli occhi di tutti, fate la corte a…”
“Basta così!” gridò Amista, con piglio aspro “Fawnier
per favore… cerca di moderarti un attimo; come vedi, so cavarmela da sola, nel
rispondere al Sovrano, con risolutezza”.
Nuvjel prese con delicatezza la mano del Principe, come
per dirgli di calmarsi; e solo allora Fawnier si acquietò. Ma la Ninfa poteva
sentire il nervosismo del Principe, dalla tensione che percepiva dalla sua
rigida mano.
Nell’entrare in un enorme salone, la Principessa Amista riprese a dialogare con il
Sovrano, ma adesso mantenendo un atteggiamento il più distaccato possibile; e
alla fine chiese “Allora, Sovrano Horjon… cosa stavate dicendo?”.
Horjon, mentre con una mano spostava con fermezza, una
lunga tenda ornata da mille merletti, replicò “Giusto… stavo appunto per
esporre, che l’Incantatrice Elrjana
mi ha ammantato di un dono, particolarmente fastidioso…”.
“E sarebbe?” domandò Amista con crescente curiosità.
Ma la risposta alla sua domanda, la ricevette nel
momento stesso, in cui Horjon scostò
la lunga tenda di merletti.
“NO!”
fu l’urlo di Amista, seguito a ruota
da un grido di stupore della Ninfa,
e dall’espressione sconvolta di Fawnier.
Ai loro occhi sbalorditi, apparve la figura esile e bellissima di Pintaqua… ma che
malauguratamente…
Frattanto, all’interno del castello… la Regina Liorz confinata in una sala con due guardiani; esplose con
rabbia “Ve lo ripeto, per l’ultima volta! Fatemi uscire da qui! Non voglio
rimanere relegata in questa stamberga;
mentre fuori… infuria la battaglia!” la coda rimbalzava intermittente, sul
pavimento.
“Ma, mia Regina…” rispose con sconcerto, una delle
guardie “Sapete bene, cosa ha ordinato il mago Issurjot… ha detto che dovete
rimanere qui; in modo tale da non essere ferita o rapita da Horjon…” concluse infine il guardiano,
con un certo tremolio nella voce.
“Del male lo
farò io a voi, se non mi fate uscire!” e detto fatto, con l’aiuto della sua
lunga coda da leone, Liorz agguantò la lancia dalla mano
del guardiano, e glie la diede in testa. Dopodiché… velocemente con la mano
destra, aprì il portone intarsiato d’oro, della sala.
L’altro guardiano, non fece in tempo a fermarla, che
oltre la porta si vide un’enorme barriera magica color viola, che non
permetteva a nessuno, di oltrepassarla.
“E questa, cos’è?” disse con stupore, il guardiano,
riprendendo la lancia nelle mani.
La Regina con voce adirata, replicò “Ma non lo vedi? Issurjot ha pensato bene, di tenerci
confinati qui dentro, mediante un incantesimo!”.
Ad un tratto, si udì una voce al di là della barriera
magica color viola… Era la flebile voce, della balia Resell “Mia Regina… mia Regina… mi sentite?”.
“Forte e chiaro…” rispose nervosamente, Liorz “Allora
Resell… puoi far niente per liberarci da qui? E puoi dirmi, cosa succede la
fuori? Come va, la battaglia? E soprattutto… cosa combinano, i miei snaturati
figli?”.
“OH, mia Regina…” bofonchiò Resell, con voce afflitta
“È tutto un tale sconquasso… Io vedo solo, un’enorme poltiglia di armature, che
si guerreggiano tra loro… in mezzo a siffatta confusione, ho notato anche un
enorme Drago rosso e dei guerrieri
fatati composti di sola acqua. Non ho visto molto altro…” la balia si
asciugò le mani sudaticce, mediante un grembiule rosa.
“Allora, fai qualcosa per farci uscire!” urlò Liorz,
irritata “Fai presto!” la coda sbatté forte, contro il magico muro.
“Farò del mio meglio, mia Regina… ma cosa posso fare
io… contro un tale sortilegio?” fu la laconica risposta, della balia Resell.
“Quanto sei
ignorante, Resell! Quello che voglio dire… è che devi andare dal mago, e dirgli
di liberarmi! Mi hai sentito?” la Regina, era furiosa.
Resell, con un leggero tremolio nella voce, rispose
“Farò quello che posso, mia Regina”.
“Sì… anch’io farò quello che posso… per cacciarti via! Muoviti!” concluse
Liorz, con ira.
E mentre la Regina si avvicinò nervosamente, ad una
sedia dorata; uno dei guardiani, espose “Vostra Maestà, avete sentito? Draghi…
armate magiche… è tutto così incredibile, non credete?”.
Liorz con voce irritata, affermò subito “Nel corso
della mia vita, ho visto di peggio! Fantasmi
imbestialiti, vampiri vestiti sconci…
e regnanti con patacche sulle loro
sontuose vesti! Non esiste fatto o evento, che mi possa meravigliare!”.
“Ehm… davvero?” il guardiano era frastornato.
“Certo, stupido
essere! Adesso fai silenzio, e rimani sul portone ad aspettare quell’insulsa
servetta!” concluse la Regina, ma non prima di aver afferrato con la coda, la
lancia del guardiano, e averla spezzata…
La Regnante,
nello scorgere quell’orribile visione, fece un urlo… che riecheggiò per tutto il luogo. Issurjot non ci fece nemmeno caso… poiché sia lui che la civetta Siril, erano troppo eccitati, da quanto
era appena avvenuto.
La Regina Liorz, continuava a fissare la figlia, con
orrore e sgomento… E come per incanto, qualcosa nel cuore della Regnante… mutò.
Rimorso…
Afflizione…
Coscienza…
Pentimento…
…tutte queste emozioni, fecero inaspettatamente
comparsa, nel suo animo. All’istante la sua memoria, varcò le barriere del tempo… e vide la piccola Mauram tenuta tra le sue braccia, quando era ancora una piccola infante. Il ricordo di
quell’innocenza, si fece vivo nei suoi pensieri. E come un lampo che squarcia
nubi tempestose… la Regnante iniziò a contemplare i momenti felici… gli istanti
in cui la figlia, giocava con le sue bambole
di porcellana… i tempi in cui la principessa Mauram, gli portava dei fiorellini
di campo, per rallegrarla…
Ed ora… cosa aveva di fronte? Un essere deforme…
In seguito, la Regnante a poco a poco, si avvicinò al
mago, e allungò la mano per afferrare il medaglione… ma la sua mano si bloccò.
Liorz comprese che il medaglione delle Quattro
Lacrime …non le interessava più così tanto; e con una insolita e pacata
emozione nel cuore… allontanò lo sguardo dal medaglione.
Issurjot era troppo compiaciuto, per notare che adesso,
l’espressione sul volto della Regnante, era mutata.
“Allora, mia diletta Regina…” chiese il mago asciutto
“Come vi sembra, Vampjria? Non è
fantastica? Esattamente come avevamo previsto, non credete?” ultimò Issurjot, con uno sguardo altero. La
barba, sembrò arricciarsi su se stessa, dalla felicità.
La Regina Liorz, non rispose… e senza volgere lo
sguardo verso la figlia, se ne andò via…
Come?
Correndo!
Correva!
La Regina Liorz si sentiva spaurita… sola… senza più
nessun interesse, verso niente e nessuno…
Correva!
…si incamminò velocemente, nel castello…
Correva!
…non poteva fermarsi… su per le scalinate…
Correva!
…dentro enormi stanzoni… dove ora, i numerosi cimeli e
suppellettili, le parevano vuoti…
Correva!
…i molteplici specchi appesi alle pareti… rifrangevano il nulla.
Correva!
…era ormai stanca, e con il fiatone… ma non importava…
Correva!
…alla fine, la Regnante giunse in un lunghissimo
corridoio, molto angusto per la verità… e che non era molto illuminato,
nonostante ormai iniziasse a sorgere il sole.
Alle pareti
del lunghissimo androne, si potevano rilevare diversi arazzi e dipinti, completamente avvolti da dei tendaggi dai
molteplici colori. La Regnante, continuò la sue frenetica corsa lungo tutto
l’androne; fino a raggiungere un’ampia finestra ad arco, chiusa.
Velocemente e con l’aiuto della sua lunga coda, la Regnante
spalancò la finestra… e
un’improvvisa e fortissima folata di vento… la investì.
La corrente era così energica, che fece precipitare sul
pavimento marmoreo, quasi tutti i numerosi tendaggi, che foderavano i dipinti
alle pareti.
La Regina Liorz
respirò con sagacia, quell’inaspettata brezza… ne sentiva la necessità. Poi
lentamente… si voltò, e intravide i quadri sulle pareti. Dopo un attimo di
esitazione… Liorz iniziò a incedere
senza fretta, nel contemplare quell’inusitato luogo… infatti non se lo
ricordava minimamente.
“Niente di strano” commentò tra sé, inquieta “…visto e
considerato, che il castello è vastissimo…” e con quel pensiero, si avvicinò ad
uno dei dipinti.
“Pintaqua!”
esclamò La Regnante, con meraviglia “Sono le tele di Pintaqua… Ma come mai, si trovano qui? E perché, non le ho mai
viste prima?” ma quella sua intima domanda… non ebbe alcuna risposta.
Liorz, cominciò ad accostarsi maggiormente ad uno dei
quadri, e vide che il dipinto raffigurava Pintaqua inginocchiata a terra… con
delle catene sulla bocca; mentre con le mani, cercava disperatamente di
levarsele.
La Regnante rimase allibita… solo ora comprese il dolore e l’angoscia, che Pintaqua
doveva sostenere ogni giorno. Proprio così… quelle catene, raffiguravano il
dolore di Pintaqua, per non essere in grado di articolare alcuna parola. La Regina Liorz, capì la frustrazione e la
sofferenza della figlia, nel non essere in grado di esprimere le sue emozioni
più intime. Il dipinto lasciava intravedere, tutti questi sentimenti e
sensazioni, con estrema chiarezza. Liorz si rammaricò, di non aver mai compreso
fino ad allora… tutto questo.
Dopo aver dato un ultimo sguardo al quadro; la Regnante
incuriosita… iniziò ad osservare tutti gli altri dipinti. E con crescente
stupore, scrutò le numerose raffigurazioni che Pintaqua aveva realizzato, nei
riguardi di tutti i componenti della famiglia reale.
In un affresco, era rappresentato l’accoramento e
solitudine di Fawnier; il quale era ritratto all’interno di un deserto pieno di
dune sabbiose… dove il Principe scrutava l’orizzonte con un viso mesto, affiancato
solo da un cervo e un falco.
La Regina Liorz comprese che il figlio, nonostante
avesse degli amici affettuosi come i cervi e i falchi, nel suo intimo… soffriva
di solitudine. Difatti Liorz, comprese che il deserto, raffigurava proprio il
senso di solitudine interiore, del figlio. In sostanza, la diversità e
stranezza del corpo di Fawnier, gli era di impedimento… nel relazionarsi
con il prossimo. La Regnante rimase perplessa da tutto questo; infatti aveva
sempre creduto, che il figlio avesse superato la sua singolare condizione
fisica. Liorz non si era mai accorta, della sua espressione triste e
sconsolata. In fin dei conti, Liorz aveva sempre percepito Fawnier, brioso e pronto a discutere e
trasgredire a regole e precetti. Ma a quanto pare, era solo un modo come un
altro… per superare una frustrazione interiore.
Con questi pensieri e riflessioni nel cuore, la
Regnante passò al dipinto successivo. Si trovò così a scrutare quello del
marito; il quale era seduto ai piedi di un trono, con in mano uno scettro
spezzato. L’espressione del Re Conrab
che osservava lo scettro, era di sconforto. E non era tutto… poiché alle spalle
del Re Conrab, si poteva rilevare una zampa di leone… che cercava nell’ombra, di ghermirlo.
La Regina rimase un po’ scossa da quel dipinto, ma non
sapeva capirne il motivo. La sua coda adesso era rimasta semi immobile, con
alternanti sussulti improvvisi.
Liorz sempre più interessata, continuò… e vide il
dipinto che raffigurava Mauram. La
Principessa era felicemente seduta su una roccia, attorniata dalle sue amate
lepri colorate. Oltre al resto, Mauram era ritratta mentre si spazzolava i suoi
bellissimi capelli dorati; ma la cosa che fece per un attimo sobbalzare la
Regnante, era nello scorgere sopra la testa della figlia… un’enorme gabbia nera…
che stava per piombare su Mauram.
La Regina Liorz per un attimo, ebbe un tremito… tutto
questo, era spaventoso… ma nello stesso tempo, era consapevole che era tutto
vero. In sostanza, i dipinti raffiguravano le emozioni, angosce e sentimenti
più profondi… di tutti i suoi familiari.
Tuttavia Liorz, pur se con un malessere interiore che
aumentava… proseguì ad osservare curiosa i dipinti; e scorse quello che
effigiava Amista.
La giovane Principessa, era tratteggiata con le mani di
cristallo completamente frantumate, mentre il suo sguardo con bramosia… fissava
un punto nell’orizzonte… dove si potevano avvistare due enormi mani, al posto del sole. Ma la cosa che sconvolse non
poco la Regina Liorz, era che dal terreno fuoriusciva una coda di leone, che
teneva ferma la gamba destra di Amista… non permettendole, di raggiungere le
enormi mani.
La Regnante non era sciocca, e subito pensò “Coda di
leone… quel quadro riproduce proprio me! Quindi è così, che i miei figli mi
vedono? Come una madre, despota e tiranna? Proprio io… che ho fatto tutto per loro. Io, che mi sono
scarificata per loro. Io che… Ma no… forse… no… non posso crederci…” i pensieri
della Regnante, erano caotici… e si avvicendavano uno dopo l’altro, con
rapidità. A volte gli sembrava di avere sempre agito per il bene dei figli…
mentre a volte, pensava l’esatto opposto.
Ma fu l’ultimo quadro, a fargli comprendere… quale
fosse la verità.
Stranamente, l’ultimo dipinto era ancora foderato da un
tendaggio di seta color avorio. Liorz
con la sua coda di leone, lentamente e con un po’ di esitazione, lo tolse.
Stuzzicata dall’interesse, lo scrutò… e vide che il ritratto raffigurava se
stessa… un enorme leone, che teneva in bocca un coniglio, mentre sormontava un
trono fatto di marmo nero. Ma non
era tutto… il leone aveva al collo il ciondolo
delle Quattro Lacrime …e ai piedi del trono, si potevano intravedere a
terra… quattro colombe bianche…
sanguinanti.
“NO!” urlò Liorz con forza e aggressività. Dopodiché,
aiutata dalla sua lunga coda, afferrò il quadro, e lo ruppe in mille pezzi, con
rabbia e indignazione.
Poi… quando ebbe sfogato il suo livore, la Regnante si inginocchiò vicino ai frammenti
sbriciolati del dipinto; e pensò tra se “No… non è vero. Io… io non posso
essere così. Io… io… Pintaqua… figlia mia… tu… tu hai… perfettamente ragione” e mentre Liorz con delicatezza… raccoglieva
i pezzetti del quadro sbriciolato… copiose
lacrime, le rigarono il volto...
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