Florjan: Cuore di Cera
Presentazione della Favola:
Florjan è una principessa che
possiede un cuore di cera, visibile
da tutti. Ma questo non è il suo unico dilemma; invero nessun principe la vuole
sposare… poiché ha un viso orribile.
Ma non è tutto… giacché Artesio, l’unico uomo che ha rapito il suo cuore, non fa altro che cercare la sua futura dolce metà…
all’interno di vetusti libri. E allora… quale sarà il fato che incontreranno i nostri due eroi?
Inoltre… riuscirà la fatina Falea, con le sue ali multicolori posizionate sulle braccia,
ad allontanare il perfido Duca Riosmo,
dal regno di Vanohen? E che dire della perfida Apekar, regina delle api giganti, che cerca in tutti i modi di
spodestare il Regnante di Vanohen?
Pensate che sia tutto qui…?
Aspettate allora di conoscere Atron, un canguro gigante, che altro non è che il destriero del
valoroso capitano Artesio. E che
dire dell’enorme cigno fatato Taripan,
che porta sul suo dorso la principessa Florjan?
Oltre al resto, sarete sicuramente desiderosi di
scorgere le meravigliose statue
luminescenti e la splendida ma inquietante Centrilla, che al posto delle mani… possiede delle enormi chele.
Ed ancora… enigmi, inganni, arcani e molteplici
incantesimi… vi condurranno all’interno di un mondo suggestivo, dove i disegni prendono vita… e i fantasmi si ricoprono di sterpaglie!
Allora… siete sicuri di avere un cuore trasparente, che sia in grado di volteggiare… sulle ali dell’immaginazione?
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Florjan: Cuore di Cera
C'era una volta in un regno molto potente chiamato Vanohen,
un Monarca di nome Lumeo. Il Monarca aveva una figlia di nome Florjan, che
nessuno si proponeva di sposare, poiché era veramente brutta. In ogni caso, il
Monarca Lumeo pur se sconsolato non si perdeva d’animo. E così ogni dodici
mesi, il Monarca cercava di far conoscere la principessa a dei giovani
pretendenti.
Florjan era altresì celebre, per il semplice motivo che
si poteva scorgere il suo cuore formato da cera. Insomma, il suo petto di
cristallo permetteva di osservare il suo cuore; il quale era completamente
composto da una leggera e trasparente patina di cera… ed era altresì
posizionato al centro del petto. Il cuore della principessa Florjan era
talmente simile al cristallo, che si poteva persino intravedere cosa si trovava
al suo interno; nel quale solitamente si scorgeva una leggiadra e vispa fiammella.
Bisogna aggiungere, che tutti i meravigliosi ed
eleganti abiti della principessa, erano creati in modo tale da permettere a un
lembo dell’abito, di abbassarsi. Il tutto per poter ammirare il cuore di cera
di Florjan, senza lasciare scoperte le sue parti intime.
Alle insistenti domande dei pretendenti sul perché la
principessa avesse un cuore di cera, il Monarca Lumeo rispondeva che forse la ragione
era da ricercarsi nei loro antenati; alcuni dei quali erano stati degli stimati
stregoni.
In ogni modo, i pretendenti sopraggiungevano numerosi
al cospetto del Monarca, più per osservare quella strana anomalia della
principessa Florjan, che per altro. Difatti la principessa dal cuore di cera,
era ormai divenuta una leggenda in tutti i regni confinanti e non. Ma purtroppo
i baldanzosi giovanotti, dopo aver contemplato il tetro viso di Florjan… si
dileguavano proferendo numerose scuse.
La principessa Florjan aveva sempre sofferto della sua
bruttezza, ma con il passare del tempo non ci prestava più molta attenzione.
Solo negli ultimi tempi Florjan provò una fitta al cuore, poiché si innamorò di
Artesio… che altri non era che il capitano dell’esercito del padre.
Artesio al contrario della principessa Florjan, era
veramente un bellissimo ragazzo. Non a caso era sempre circondato da molte
fanciulle e donzelle; le quali con ardimento cercavano in tutti i modi di
conquistare il suo cuore. Tuttavia, il giovane capitano ancora non ci pensava a
prendere moglie, poiché a suo dire… gli piaceva rimanere libero e selvaggio.
Il capitano Artesio era sempre accompagnato dal suo
fidente amico, un singolare canguro parlante chiamato Atron; la cui peculiarità
era di essere veramente enorme. Addirittura Artesio per percorrere ampie o
brevi distanze, non utilizzava il suo poderoso destriero… ma si infilava
nell’enorme marsupio del canguro.
Artesio era divenuto oltre che un confidente, anche un
caro amico della principessa. E scorgendo sovente Florjan solitaria… fu proprio
Artesio a donargli un enorme cigno fatato di nome Taripan.
Taripan fu talmente ben accolto dalla principessa Florjan,
che non era raro vederla svolazzare qua e là nelle adiacenze del castello, sul
dorso dell’enorme cigno. E altresì la principessa la si scorgeva a volte
parlottare con il cigno fatato; il quale aveva anche la facoltà della parola.
Oltre al resto, spesse volte si poteva osservare il giovane capitano,
all’interno del suo amico canguro, gareggiare con Florjan e Taripan, su chi
fosse più veloce a raggiungere isolate vette montane.
Ma quei lieti momenti durarono poco… invero in una
notte fredda e tenebrosa, il giovane capitano cominciò a compiere un inusitato
sogno. Nel sogno Artesio, mentre passeggiava in un’enorme e vetusta biblioteca…
nell’aprire un antico libro, incontrava una bellissima fanciulla. La bella
dama, tutta rilucente di numerose perline fatate… gli sorrideva con gioia.
Proprio così… una bellissima fanciulla disegnata all’interno del libro, si
muoveva e parlava al capitano, con estrema dolcezza. Ma il fatto davvero
sorprendente, era che al risveglio il capitano Artesio non ricordava più il suo
viso. L’unica cosa che sapeva di sicuro… è che la leggiadra dama era di una
fenomenale bellezza.
Ad ogni modo, il sogno imperturbabilmente gli si
presentò ogni notte. E così, da quando Artesio iniziò a sognare la bella dama,
nel suo cuore cominciò a svilupparsi un dolce desiderio di sposarsi. Inoltre
più passava il tempo, e più il capitano rimase affascinato dalla dolcezza e
bellezza della dama. Fino a quando una notte nel pieno del sogno, Artesio chiese
alla fanciulla tutta splendente… chi fosse.
La giovane dama fece un sorriso di letizia, e in
seguito dichiarò di essere colei che un giorno sarebbe divenuta la sua sposa.
Ma questo sarebbe avvenuto solo ed esclusivamente, se lui l’avesse cercata. E
alle insistenti richieste da parte di Artesio di conoscere il suo nome… la
fanciulla svanì subitamente, senza accordargli alcuna risposta.
Il capitano Artesio non appena si fu svegliato,
rapidamente andò a chiedere consiglio alla confidente del Monarca… che altro
non era che Falea, una singolare e minuscola fatina.
Bisogna sapere che Falea era stata creata molti anni
addietro, da una potentissima incantatrice; la quale l’aveva forgiata
utilizzando dei colori a tempera, miscelati con delle stille di pianto. Ma il
fatto più sorprendente, era che Falea possedeva tre paia d’ali per braccia; e
inoltre i suoi capelli erano del colore dell’arcobaleno… i quali al loro
passare, lasciavano nell’aria una debole e fumosa scia di impalpabile colore.
Ad ogni modo, Falea nonostante avesse le dimensioni di
una piccola farfalla, era da numerose generazioni la confidente e consigliera
dei Monarchi del regno di Vanohen. In sostanza, la fatina non poteva
assolutamente seguire gli ordini di altre persone o regnanti, se non di colui o
colei che erano i sovrani del regno di Vanohen. Questo incantesimo antico di
ubbidienza assoluta ai regnanti di Vanohen, era stato attuato proprio per
evitare che i nemici del regno, potessero rapire la fatina… per poi utilizzare
i suoi poteri magici per spodestare il Monarca.
Comunque la peculiarità della fatina Falea, era di
poter trasferire gli esseri umani all’interno dei dipinti. Ma non solo… poiché
Falea possedeva la facoltà di far vivere i disegni. Questa singolare capacità magica,
aveva permesso al regno di Vanohen, di opporsi ai molteplici assalti perentori
degli avversari. Questo poiché la fatina aveva sovente dovuto far vivere
numerosissimi guerrieri, provenienti dai cospicui dipinti e arazzi che erano
sulle pareti del castello. In sostanza, non appena cominciava una guerra contro
altri regni usurpatori, Falea trasmutava i guerrieri dipinti… in combattenti reali.
Proprio per questo motivo, in tutto il castello le pareti erano rivestite da
enormi arazzi e quadri, raffiguranti guerrieri con possenti armature.
Ma non era tutto… poiché persino la fatina Falea soleva
vivere all’interno di un inusitato dipinto chiamato Fungorjan. L’arazzo
Fungorjan illustrava una meravigliosa vallata con degli enormi funghi, in uno
dei quali la fatina aveva la sua singolare casetta. Altresì a Fungorjan si
trovavano degli animali dalle proporzioni inusitate. Non a caso nelle adiacenze
della casetta fungo di Falea, si potevano scorgere elefanti, destrieri,
rinoceronti e giraffe che erano minuti come topolini. Al contrario si notavano
formiche, lucertole e lumache dalle dimensioni enormi.
La corsa concitata del capitano Artesio, ebbe termine
nel momento in cui si trovò di fronte all’enorme arazzo Fungorjan. Con voce
affannata il capitano chiamò la fatina, la quale librandosi con le sue piccole
ali posizionate sulle braccia… salutò Artesio affettuosamente. Senza perdere
tempo, il capitano disse alla fatina che le doveva parlare urgentemente. Allora
la fatina fece magicamente diventare Artesio, un disegno all’interno
dell’arazzo Fungorjan.
Appena fu entrato nella dimora fungo della fatina,
Artesio raccontò il suo sogno. Subito dopo, il capitano chiese a Falea se il
sogno era un evento veritiero, oppure solo una semplice illusione.
Falea dopo aver dato un ghiotto biscotto alla sua
formica gigante, prese un’ampolla opalescente e la ruppe contro un muro. Il capitano
sorrise a quell’inusitato atto, ma dopo un po’… dal vapore che fuoriuscì
dall’ampolla infranta, scorse con interesse una lucciola dalle ali dorate. La
lucciola per qualche attimo svolazzò gioiosa per la piccola dimora; dopodiché
la lucciola dalle ali dorate scomparve… lasciando dietro di sé una leggiadra
fragranza di rose.
Artesio attese con impazienza la risposta, scrutando la
fatina con crescente interesse. Intanto la formica ghiottona, sgranocchiava
famelica il biscotto.
All'improvviso Falea con aria divertita, proferì che il
sogno era reale; anzi… più che un sogno, era una vera profezia.
Il giovane capitano dalla gioia dette un buffetto alla
formicona, e poi domandò alla fatina cosa doveva fare, per incontrare la bella
dama del sogno.
La fatina Falea chiese nuovamente ad Artesio, se
realmente non ricordava il viso della bella dama del sogno. Il giovane capitano
le rispose che stranamente non rammentava il suo volto, e non conosceva nemmeno
il suo nome.
Falea dopo aver fatto un balletto con un piccolo
elefante che gironzolava per la stanza, gli replicò che doveva intraprendere un
lungo viaggio all’interno della biblioteca reale. Difatti la fatina espose con
certezza che all’interno di alcuni libri, vi erano dei meravigliosi disegni;
alcuni dei quali raffiguravano donzelle veramente affascinanti e in cerca di
marito.
Il capitano Artesio rimase un po’ perplesso da quella
insolita intuizione… ma subito Falea gli spiegò che dopo aver trovato la
bellissima fanciulla del sogno, lei stessa con l’aiuto della magia, l’avrebbe
resa una dama vera e reale… insomma, in carne e ossa.
Artesio fece un lieve sospiro, poi comprese che in
effetti la giovane dama l’aveva sognata all’interno di un libro… per cui il
ragionamento della fatina non faceva una piega. In conseguenza di ciò, Artesio
decise di intraprendere il lungo itinerario, alla ricerca della meravigliosa
donzella del sogno.
Falea divertita e con crescente curiosità, volle
seguire il capitano alla ricerca della sua amata. Ma naturalmente sia Falea che
Artesio, domandarono un’udienza privata con il Monarca Lumeo; proprio per avere
il consenso nel compiere quell’insolito viaggio.
All’udienza si trovava anche Lisarto, il famoso
disegnatore di corte; il quale ascoltò con estrema attenzione quell’inusitato
racconto.
Il Monarca Lumeo non era per niente d’accordo nel dare
il suo consenso, riguardo a quell’itinerario così strano e insolito. Per di più
il Monarca Lumeo temeva che senza Falea al suo fianco, il suo regno avrebbe
corso un grande pericolo. Ma il disegnatore Lisarto con prontezza, convinse il
Monarca ad accettare che Falea e il capitano partissero. D’altronde si trattava
solo di un breve periodo di tempo.
Il Monarca Lumeo, dopo una breve riflessione, diede
infine il suo assenso… “Ma solo per due, massimo tre giorni!”, fu la sua
ridondante sentenza. La fatina e Artesio dopo un breve inchino, si allontanarono
dal salone delle udienze, con aria compiaciuta.
Ma l’espressione del pittore Lisarto, aveva un non so
ché di sinistro. E dopo una breve e nebulosa riflessione… Lisarto corse verso
la fatina e il capitano. E dopo aver raggiunto Falea, il pittore gli proferì
che per tutta la notte avrebbe cercato in biblioteca, dei libri con disegni di
dame favolose. Il tutto per facilitarli nella loro ricerca. Sia Artesio che Falea,
dopo essersi scambiati un veloce sguardo… furono d’accordo. Dopodiché entrambi
andarono ad avvisare la principessa Florjan, riguardo alla loro momentanea
dipartita.
La principessa Florjan non appena apprese quella
notizia, scoppiò in un pianto che nessuno seppe consolare… per poi rinchiudersi
nella sua stanza con l’amico cigno Taripan.
La principessa sapeva bene che adesso la speranza di
sposare il capitano Artesio, era del tutto sfumata. Il giovane capitano non
avrebbe mai voluto una dama dal viso orribile come il suo. Infatti preferiva
andare a cercare una dama dipinta… senza anima… piuttosto che stare vicino a un
mostro. Ma questi pensieri non vennero colti da Artesio, e persino la fatina
era rimasta sorpresa da questo avvenimento. E nonostante Artesio cercò di
parlare nuovamente con la principessa… non ci fu nulla da fare. Dalla porta
chiusa, si percepì solamente un cieco grido del cigno Taripan.
Nel frattempo, il disegnatore Lisarto era tutto
trepidante; difatti tra sé pensava a un piano per aiutare l’ascesa al potere
del suo amico e alleato: il perfido Duca Riosmo. Bisogna infatti sapere, che il
Duca Riosmo era un confidente del Monarca, che viveva in terre confinanti. Il
quale dopo la prematura morte della consorte… gli era tornata la bramosia di
conquistare nuovi regni e reami. Ma purtroppo, il Duca Riosmo non possedeva un
esercito potente e numeroso, come quello del Monarca Lumeo. E allora sia il
Duca che il pittore Lisarto, stavano cercando un modo per conquistare il regno
di Vanohen, mediante dei torvi espedienti.
Proprio per questo motivo, il Duca Riosmo aveva
subdolamente offerto al Monarca Lumeo, di tenere con sé il suo amico… il
pittore Lisarto. Il quale oltre a fare da spia, nel corso del tempo senza farsi
accorgere… aveva il subdolo incarico di ridisegnare un esercito mediocre e
senza armi troppo feroci. E difatti, nel corso dei due anni che era al servizio
del monarca Lumeo, il pittore Lisarto aveva ridipinto i soldati che si
trovavano sulle pareti del castello… con armature e strumenti di difesa
decisamente scadenti e difettosi.
Solo Falea si era accorta di quei disegni compiuti
maldestramente. Ma Lisarto con parole melliflue e menzognere, era riuscito a convincere
il Monarca Lumeo, che le cose andavano bene così.
Ma a causa del susseguirsi dei nuovi avvenimenti,
Lisarto era stato costretto ad accelerare i tempi. E in conseguenza di ciò,
Lisarto dopo essersi avviato alla voliera e inviato un piccione viaggiatore al
Duca Riosmo… si instradò velocemente nella biblioteca reale, per mettere in
opera il suo diabolico progetto. E così, Lisarto in quella lunga notte non
dormì, ma si mise a disegnare su alcuni vetusti tomi della biblioteca, delle
pericolose ed inquietanti dame. E mentre Lisarto disegnava… un ghigno mordace affiorò
sul suo volto.
Artesio al sorgere dell’alba, dopo aver preso la sua
amata spada e il suo boomerang color smeraldo… si mise nell’enorme marsupio del
suo amico Atron. In seguito, mediante alcuni poderosi salti del canguro…
Artesio si diresse nell’enorme biblioteca reale. Dopo pochi attimi, lo
raggiunse la fatina Falea, seguita a ruota dall’infimo pittore Lisarto.
Lisarto che teneva in mano una piccola pergamena, senza
batter ciglio indicò alla fatina alcuni volumi dove si potevano trovare i
disegni di bellissime dame. Falea lesse attentamente quello che il pittore aveva
segnato sulla piccola pergamena; e dopo aver pronunciato alcune formule
magiche… capitombolò con Artesio e l’amico canguro, all’interno di un polveroso
volume della biblioteca.
Subitamente il giovane capitano, Falea e Atron si
ritrovarono in una landa incantevole, dove si potevano adocchiare delle
singolari fortezze, composte da enormi diamanti. Difatti le enormi rocche erano
congiunte fra loro mediante sottili gallerie, le quali si libravano sopra degli
spigolosi pilastri di marmo, incastonati da diamanti. Senza perder tempo, la
fatina suggerì di entrare a vedere se in quel luogo si trovava la donzella, che
il disegnatore Lisarto gli aveva indicato.
Artesio entrò senza alcun timore, e fece subito
conoscenza con Centrilla, la Dama dei Golgi. Centrilla era davvero una
fanciulla stupenda; più di quanto il disegnatore Lisarto avesse riferito. Invero,
la Dama dei Golgi era alta e snella, e le sue nere e fluenti chiome, le
scorrevano lungo la schiena come fiumi in piena.
Artesio cercava di comprendere se era lei la dama del
suo sogno, poiché non ne conosceva il nome; per non parlare del viso… visto e
considerato che non lo rammentava affatto. Proprio per questo motivo, Artesio la
tempestava di domande; e le risposte pur essendo gradevoli, non aggiungevano
nulla a ciò che già sapeva.
Nel frattempo aiutata dalla sua statura minuta, la
fatina Falea incuriosita dalla stranezza di quel luogo… si mise a svolazzare
per le varie rocche diamantine. E altresì Falea sfrecciava veloce, nelle enormi
scalinate e gallerie, che si snodavano a raccordare tra loro le numerose
fortezze. Ogni tanto la fatina scorgeva delle enormi conchiglie vermiglie, che
sostavano vicino a delle ampie finestre… ma la cosa non la impensierì poi
molto.
Più passava il tempo, e maggiormente il Monarca Lumeo
si sentiva insicuro. Difatti ininterrottamente pensava a cosa sarebbe avvenuto
se proprio in quel momento, qualche regnante bramoso di potere, li avesse
assaliti. Certo… Lumeo possedeva un possente esercito di uomini valorosi; ma la
loro vera forza combattiva, risiedeva nella fatina Falea. E solo le portentose
milizie ritratte sui dipinti ed arazzi del castello, erano in grado di
sgominare le armate più agguerrite.
Naturalmente il disegnatore Lisarto, percependo il
Monarca impensierito… continuava a rassicurarlo.
Ma gli eventi insoliti non finirono certo lì. Non a
caso dalla dipartita di Artesio, la principessa Florjan si era messa a scolpire
delle meravigliose statue. Uno degli eventi straordinari, era che la
principessa creava le sue sculture molto velocemente. Difatti in una mezza
giornata, si potevano osservare già una dozzina di meravigliose statue. Oltre a
ciò, le sculture erano formate da uno specialissimo materiale simile al marmo
bianco, che però aveva la peculiarità di splendere ed illuminarsi magicamente.
La principessa Florjan scolpiva le stupende statue
nella sua stanza a porte chiuse, per evitare di essere disturbata da tanto
clamore. Il clamore era dovuto al fatto, che quelle inusitate sculture
splendenti, erano talmente affascinanti ed inusuali… che numerose persone
avevano cominciato a venire ad ammirarle. A tal punto che il Monarca Lumeo,
scorgendo lo stupore che tutti provavano nell’osservare quelle meravigliose
statue… le fece posizionare in un enorme stanzone.
Ed alle incessanti richieste da parte del padre, nel
voler sapere da dove proveniva quel marmo fatato… la principessa Florjan non
dava alcuna risposta. In breve, in tutto il regno… nessuno sapeva dove Florjan
trovasse quel singolare marmo splendente. Tuttavia il pittore Lisarto, credeva
fermamente che doveva essere opera di Taripan, il Cigno fatato. Non a caso
durante la notte, Lisarto aveva scorto l’enorme cigno, svolazzare vicino a
delle miniere abbandonate. Per cui il pittore aveva iniziato a pensare, che
Taripan avesse trovato dei marmi incantati… nelle adiacenze di alcune vecchie
miniere abbandonate.
Ma le sorprese per il Monarca Lumeo, proseguirono.
Difatti senza alcun preavviso… giunse inaspettatamente il Duca Riosmo; il quale
sentenziò che aveva preso la decisione di far la corte alla principessa
Florjan. Il Monarca Lumeo fu davvero meravigliato da quella dichiarazione,
visto e considerato che il Duca non si era mai proposto come ipotetico sposo
della figlia. Ma il Duca Riosmo, dopo aver elargito un sorrisino maligno,
affermò che era da poco tempo che si era ripreso dal dolore, per la morte della
sua amata consorte. E fu così convincente nella sua pantomima, che il Monarca
Lumeo fatalmente ci credette. A tal punto, che Lumeo decise di proferire lui
stesso alla figlia, la bella notizia.
Ma la principessa Florjan non ne voleva proprio sapere,
di divenire la moglie di quel Duca dall’espressione così cupida e
mucillaginosa. E poi il cuore di Florjan, ormai era tutto per Artesio; e non
avrebbe amato nessun’altro.
Il Monarca Lumeo non fu assolutamente d’accordo con
Florjan; infatti non gli pareva vero che finalmente qualcuno si decidesse a
sposare sua figlia. E non aveva alcuna intenzione di rimandare alcunché.
Invero, il Monarca era felice che qualcuno sposasse Florjan, poiché egli temeva
che sarebbe divenuta una solitaria zitella, senza dargli dei discendenti.
E così… su consiglio del pittore Lisarto, il Monarca Lumeo
dispose che la cerimonia nuziale doveva assolutamente avvenire nei giorni
seguenti. Naturalmente il timore del Monarca Lumeo, si fondava su un eventuale
ripensamento del Duca Riosmo; proprio come era avvenuto molteplici altre volte,
con i precedenti pretendenti.
La notte in quel singolare luogo, fu veloce a
sopraggiungere; e Artesio parlando con la fatina, era sicuro che Centrilla era
proprio la dama del suo sogno. Insomma, il giovane capitano poteva forse
incontrare una gentildonna più bella e dolce di Centrilla? Anche l’enorme
canguro Atron, era estasiato dalla bellezza della Dama dei Golgi; e lo faceva
capire a tutti saltellando allegramente.
Falea però svolazzando nervosamente, si chiedeva quale
fosse il significato della parola “Golgi” …visto e considerato che la bella
Dama, non lo aveva ancora voluto chiarire. Ma anzi ad ogni domanda su
quell’argomento, Centrilla eclissava il tutto parlando d’altro.
Ma la fatina Falea non si arrese. E quella stessa
notte, mentre il capitano e il canguro Atron ronfavano nella loro camera…
decise di svolazzare per l’enorme complesso di rocche diamantine, alla ricerca
di qualche risposta.
Falea dopo un breve tragitto, percepì uno strano rumore
provenire da una lunga e tormentosa scalinata, che discendeva per le segrete di
una delle rocche. Con destrezza Falea si librò nella direzione di
quell’inusitato ronzio… fino a raggiungere un enorme portone di ferro,
tempestato da diademi e zaffiri. E grazie alla sua piccola statura, Falea
riuscì velocemente a passare attraverso la serratura.
E poi li vide… delle grosse conchiglie rosso rubino che
erano appese ai muri, e persino sul soffitto. Inaspettatamente, la più grossa
delle conchiglie si dischiuse… facendo scorgere Centrilla che mangiucchiava con
gusto, un vassoio colmo di larve, mosche, vermi e falene. Ma il fatto più
spaventoso… era che dalla vita in giù… il corpo di Centrilla sotto i suoi
occhi, si stava lentamente trasformando in quello di un gigantesco granchio.
Insomma, la parte superiore del corpo di Centrilla, era di dama bella ed avvenente…
mentre dalla cintola in giù, si notavano quattro esorbitanti zampe da crostaceo.
Per non parlare delle mani della dama… le quali all’improvviso divennero due
enormi chele, che sagacemente afferravano alcune strane larve, per poi portarle
con voracità in bocca.
Falea nel fissare quella scena ripugnante, rimase
sospesa nell’aria sbigottita.
All’improvviso come un fulmine al ciel sereno, Falea
ricordò cosa volesse dire la parola “Golgi”. Insomma, GOLGI era una parola
magica, che significava “crostaceo”. E prima che Falea potesse solo pronunciare
una sola parola… Centrilla volse il suo sguardo verso la fatina; dopodiché con
un sorriso mordace la intimò di avvicinarsi. Subitamente anche tutte le altre
enormi conchiglie si aprirono, facendo intravedere dei giganteschi e famelici
granchi.
A quella vista, la fatina Falea spiccò un velocissimo
volo in direzione opposta alla Dama dei Golgi; e fuggì via attraverso la serratura
del portone di ferro.
Falea saettò via più veloce che poteva; ma la sua
chioma fatata, la quale malauguratamente lasciava dietro di sé una scia di
colori fumanti… non le permetteva di nascondere la direzione del suo tormentato
volo: …raggiungere Artesio.
Il giovane capitano e il canguro Atron, non vollero
credere a quelle parole così bizzarre pronunciate dalla fatina. Come poteva una
donna così bella, dolce e gentile… compiere quelle immondezze?
Ma Artesio dovette ricredersi quando sopraggiunse
Centrilla, con al suo seguito centinaia di enormi granchi rosso vermiglio.
La Dama dei Golgi, mentre con un’enorme chela si
spostava la sua fluente chioma, consigliò ad Artesio con voce ipocritamente
carezzevole… di sposarla. Il giovane capitano, dopo aver scrutato con ribrezzo
il corpo da granchio della dama… non ci pensò due volte a ribattere il suo
energico “NO!”.
A quel punto Centrilla cominciò ad aggredire Artesio,
cercando di ghermirlo con le sue poderose chele. Il capitano riuscì con la sua
spada, ad allontanare le poderose chele della Dama dei Golgi. Poi Artesio con
destrezza, utilizzò il suo boomerang color smeraldo, per far crollare un antico
e strano candeliere, posizionato sopra la testa di Centrilla.
La fatina intanto cercava di rendere innocui i grossi
granchi, mediante delle vampate di magia scintillante… che erano in grado di
appiccicare tra loro le chele dei crostacei. Al contempo il canguro Atron, con
poderosi balzi evitava le fameliche chele di alcuni enormi granchi… e poi con
le sue robuste zampe, gli infliggeva delle sonore pedate, facendoli balzare
via.
Ma la lotta non durò poi molto… come poteva infatti una
dama, sconfiggere un forte e addestrato capitano? E così Artesio vinse il
cruento combattimento; e la Dama dei Golgi sentendosi sconfitta, sagacemente si
trafisse con le sue stesse chele. In quell’istante tutti i grossi granchi
fuggirono via in un battibaleno, all’interno di alcune enormi insenature della
rocca. Ma la cosa straordinaria, era che Centrilla divenne di un impalpabile
fumo evanescente, lasciando al suo sfumare… un ciondolo argentato che
raffigurava un piccolo granchio.
La fatina Falea era sbalordita, come del resto Artesio
e il canguro Atron. Il capitano infine, su consiglio di Falea, prese il
ciondolo e lo sistemò nella catenella che teneva al collo. E così… pur se con
un po’ di mestizia nel cuore, si avviarono tutti e tre, verso il secondo libro
consigliato dal pittore Lisarto.
Di mattina presto nel regno di Vanohen, si decise di
svolgere la festa di fidanzamento tra il Duca Riosmo e la principessa Florjan.
La principessa aveva un’espressione afflitta, mentre il Duca non faceva altro
che ridacchiare sagacemente con tutti i numerosi invitati. Finanche il Monarca
Lumeo aveva un volto soddisfatto, e pensava nel suo intimo che finalmente la
sua dinastia, poteva ben sperare in una degna successione.
L’unico aspetto inconsueto della festa, era che la
principessa indossava un abito molto elegante, ma che non permetteva ad alcuno
di osservare il suo cuore di cera. Il pittore Lisarto stuzzicato da questo evento,
suggerì al Duca di chiedere alla sua futura sposa di mostrargli il suo cuore…
come segno di affetto e benevolenza. Ma alla richiesta del Duca, la principessa
Florjan negò con decisione di far scrutare il suo cuore.
Ma il pittore, sempre più insospettito, decise di
risolvere la faccenda con uno dei suoi torvi espedienti. E così Lisarto, con
falsa pacatezza, chiese alla principessa di fare un ballo. E mentre danzavano
un melodioso valzer viennese, il pittore strappò con freddezza la veste di
Florjan… permettendo a tutti di osservare il suo cuore di cera.
Nella sontuosa sala da ballo, scese immediatamente un
silenzio sepolcrale. Tutti i presenti ammutolirono nell’osservare il cuore
della principessa; dentro il quale si poteva intravedere con accuratezza, un
raccapricciante verme che si muoveva sinuosamente.
Che ne era della meravigliosa e vispa fiammella? Questa
era la domanda che imperversava nelle menti degli invitati.
La sceneggiata che seguì poco dopo, è facile
immaginarla… chi urlava, chi sveniva, chi correva, chi se ne andava via
indignato; alcuni cercarono persino di allontanare Florjan con parole mordaci.
Ma la principessa rimase immobile e statica a divorare con uno sguardo
tagliente, quella folla delirante. E dopo aver chiamato al suo fianco il suo
fedele cigno Taripan, con la dignità di una regina… Florjan si avviò nella sua
stanza.
Il Duca Riosmo al contrario dei presenti, e seguendo
l’esortazione dell’amico pittore Lisarto, sentenziò che questo singolare
avvenimento non lo intimoriva per nulla. Il Monarca Lumeo, che nel frattempo
assaporava dei sali per non svenire… sentendo che al Duca l’evento non lo
sconvolgeva più di tanto… fece un sospiro di sollievo… pensando tra sé “La
dinastia è salva!”.
Era meraviglioso osservare Falea mentre con la sua
chioma multicolore, faceva l’incantesimo di trasferimento da un libro
all’altro. Invero, migliaia di molteplici stelline luccicanti roteavano intorno
ad Artesio e al canguro Atron, per poi trasferirli tutti quanti, nei disegni
del secondo volume.
Il nuovo ambiente era interamente difforme dal
precedente; difatti si potevano notare delle meravigliose montagne e dei ponti
antichi che collegavano i rilievi in maniera davvero inconsueta. Ma il fatto
veramente sorprendente, fu quando avvistarono una bellissima dama dai capelli
rossi, che volteggiava verso di loro. Proprio così, la dama aveva delle
bellissime ed enormi ali d’aquila rosse. E scortata dalle sue amiche aquile… la
dama si librava nel vento con destrezza e disinvoltura.
Non appena raggiunse il giovane capitano, la dama si
presentò subito dicendo di essere Wedjala, la Patrizia delle aquile. Artesio,
dopo un leggiadro baciamano, gli spiegò che stava cercando la dama della sua
vita. Wedjala asserì con decisione, che era lei la fanciulla dei suoi sogni.
Naturalmente il giovane capitano cominciò a tempestarla di domande; il tutto
mentre la Patrizia delle aquile lo portava a visitare i numerosi e fantastici
luoghi del suo regno.
Falea intanto con l’aiuto del canguro Atron, cercava di
scoprire se anche Wedjala avesse qualche mistero orripilante da nascondere.
Naturalmente alcune aquile seguivano i movimenti della fatina, svolazzandole
dietro senza perderla di vista un attimo. Ma la fatina grazie alla sua
minuscola statura, riuscì ben presto a seminare quelle fastidiose aquile.
Falea si mise così a scandagliare le cime dei
meravigliosi monti; ma al sopraggiungere del crepuscolo… non aveva ancora
scorto nulla di anomalo. E quando le pareva che fosse tutto normale…
subitamente il canguro Atron la avvertì che aveva intravisto un’enorme aquila,
portare un portavivande colmo di ratti e rospi morti, all’interno di una grotta
in cima ad un alto monte. Proprio all’interno del rilievo, dove poco prima si
era diretta Wedjala, la Patrizia delle aquile.
Artesio anche questa volta, non volle credere che in Wedjala
ci fosse qualcosa di anomalo. Falea allora per confutare qualsiasi dubbio,
decise di raggiungere quella grotta insieme ad Artesio e Atron. Così il giovane
capitano si mise all’interno dell’ampio marsupio del canguro, e tra un balzo e
l’altro… sopraggiunsero alla famigerata caverna. Fu così che avvistarono
Wedjala, circondata dalle sue amiche aquile.
La Patrizia delle aquile era sempre molto bella ed
avvenente… ma le sue mani adesso si stavano trasformando in due enormi artigli;
i quali afferravano con avidità dei ratti e rospi morti, per poi divorarli con
bramosia. E non solo… poiché nel conversare con le sue amiche aquile, la Patrizia
Wedjala ribadiva chiaramente che il pasto del giorno dopo… consisteva in un
succulento capitano arrostito, contornato da fresca carne di canguro.
Spaventati da tale orrore… Artesio, la fatina e il
canguro, decisero di comune accordo di fuggire via. Il giovane capitano si mise
di nuovo nel marsupio del canguro Atron, mentre la fatina Falea li precedeva
volando. Tutti e tre colmi di ansia, cercavano di ritrovare in quel ripido
monte, il percorso più facile per allontanarsi.
In maniera inattesa, avvertirono un fischio
raccapricciante sopra le loro teste; il quale altro non era che un’enorme
aquila spia… che con quel fischio cercava di avvertire la sua padrona. Pochi istanti
dopo, Wedjala percependo che le sue prede stavano fuggendo via, e dopo aver
dischiuso le sue estese ali rosse… li inseguì con voracità.
Falea suggerì ad Artesio di combatterla, poiché non
potevano certo fuggire dal veloce volo della Patrizia delle aquile. Artesio
dopo essere uscito dal marsupio di Atron, sfoderò la sua spada cercando di difendersi
come meglio poteva, dai poderosi artigli di Wedjala. Falea dal canto suo,
doveva combattere contro le molteplici aquile, le quali sprezzanti e rabbiose…
cercavano in tutti i modi di afferrarla con i loro famelici becchi. Le aquile
erano talmente veloci e mordaci, che non davano il tempo alla fatina di
colpirli con incantesimi paralizzanti. Ma subitamente venne in aiuto di Falea
il canguro Atron, il quale riusciva molto bene ad evitare quegli orribili
rapaci, mediante degli scatti incredibili.
Per fortuna la fatina ebbe un’idea geniale, e disse al
canguro di fare dei salti energici in un determinato punto del monte. Atron pur
non capendo bene il motivo di quel suggerimento, obbedì prontamente. Atron
cominciò così a balzare velocemente, nel punto che Falea gli aveva additato.
Pochi istanti dopo, ci fu un terribile crollo di massi; in sostanza
sopraggiunse un’enorme valanga mirabolante ed incredibile, fatta di enormi
macigni e pietre puntute. I blocchi rocciosi in breve raggiunsero anche il
capitano e la Patrizia delle aquile. Ma prima che un enorme masso potesse
colpire Artesio… come un fulmine Atron lo afferrò con le sue zampe anteriori, e
con enormi balzi lo portò via da tutto quello sconquasso.
Ma per Wedjala e numerose aquile, il fato decise
diversamente. Difatti la bella Patrizia, assorta nel combattimento con il
capitano, non si accorse che alle sue spalle alcuni massi la stavano per
raggiungere. E così non fece in tempo a spiccare il volo, e rimase sepolta dai
numerosi e aguzzi massi. Mentre le aquile che erano sopravvissute, se ne
fuggirono via stridendo dalla rabbia.
La fatina dopo essersi assicurata delle buone
condizioni di Artesio ed Atron, si avvicinò al corpo di Wedjala semi coperto
dai massi. E così Falea con sua enorme sorpresa… vide la Patrizia delle aquile
scomparire con una scia di fumo color rosso fuoco; divenendo anche lei un ciondolo
argentato che raffigurava una piccola aquila.
Artesio era ormai talmente demoralizzato, che non fece
nemmeno più caso a quell’insolito avvenimento. Al momento il giovane capitano,
desiderava solo far ritorno al castello. Ma la fatina, dopo aver donato il
ciondolo ad Artesio… con dolcezza gli proferì di provare ancora un’ultima
volta.
Pur se compiuta frettolosamente, la cerimonia nuziale
era cominciata nel primo pomeriggio. Il Monarca Lumeo, affiancato dal pittore
Lisarto, gongolava di felicità nel vedere avverarsi una circostanza tanto
sospirata. Gli invitati invece, a causa dei fatti avvenuti precedentemente,
avevano espressioni inquiete ed erano altresì silenziosi. E le medesime
espressioni crucciate, erano scolpite sui volti degli orchestrali… che
eseguivano le musiche nuziali.
Poi finalmente, accompagnata da due tronfi paggi, Florjan
entrò nel salone. La principessa aveva un lungo abito bianco con pizzi a forma
di fiore; ma che per ovvi motivi, foderava interamente il suo petto… in maniera
tale che nessuno poteva vedere il suo cuore di cera. Dopo pochi passi, Florjan
scrutò il futuro consorte, il viscido Duca Riosmo… e iniziò a piangere sconsolata.
All’improvviso l’orchestra reale, smise di suonare. Sul
viso del Monarca Lumeo, apparve una smorfia di stupore. Gli invitati con
rinnovato interesse, cominciarono a fissare le lacrime della principessa.
Proprio così, le lacrime di Florjan altro non erano che
stille formate di cera splendente… esattamente come il misterioso materiale che
la principessa utilizzava, per formare le sue statue.
Tutti rimasero ammutoliti ad osservare quelle gocce di
rugiada brillanti e opalescenti, che scorrevano giù dalle gote della principessa
Florjan. Nessuno osava proferire alcunché.
Ma ecco che improvvisamente, nel salone irruppe con
forza e sagacia l’enorme cigno Taripan; il quale svolazzando qua e là… cercava
con il suo portentoso becco, di colpire gli invitati. Questo per cercare di far
terminare quella raccapricciante cerimonia, che faceva tanto soffrire la sua
cara Florjan. E mentre la principessa con un fazzoletto merlettato, si tergeva
le lacrime di cera splendente… alcuni guardiani con le loro lance, cacciarono via
l’enorme cigno Taripan.
Il Duca Riosmo fece una sagace battuta sulle lacrime
della principessa; affermando che adesso era stato finalmente svelato il
mistero delle statue luminescenti. E poco dopo, come se niente fosse… la cerimonia
nuziale imperturbabilmente… continuò.
Alla fine dell’incantesimo di Falea, ecco che tutti e
tre si trovarono in un impero davvero singolare ed inaspettato. Difatti
Artesio, il canguro e Falea, si erano addentrati nel reame delle sirene alate.
In pratica l’immenso regno, era completamente formato da vastissime nuvole rosa
confetto, con striature viola. Si potevano ammirare castelli e dimore
fantastiche, tutte sagomate dalle nubi. Sembrava proprio di trovarsi in un
mondo, composto da panna montata e zucchero filato. Persino la fatina Falea,
rimase meravigliata da quello splendore.
Non passò molto tempo, che apparve una bellissima
sirena dai capelli viola. La sirena svolazzava tra una nuvola e l’altra, come
se fosse immersa in un oceano di fior di latte. E la coda di pesce della
sirena, sembrava prendere forza… nel preciso momento in cui sfiorava le
meravigliose nuvole. Difatti, al contrario del giovane capitano e di Atron, che
camminavano in quel territorio nuvoloso come su del vapore vellutato… la sirena
vestale svolazzava felice intorno a loro. E dopo aver fatto un ultimo volo, che
pareva un volteggio compiuto da una danzatrice… la sirena si presentò subito
dichiarando di essere Majal, la depositaria del bocciolo incantato. In
sostanza, Majal era una vestale, il cui compito era di tenere sotto vigilanza
un particolare bocciolo incantato, che donava prosperità a pacificazione a tutto
il suo popolo.
È inutile negare, che Majal fece presto amicizia con
Artesio. In seguito senza perdere altro tempo, Majal fece conoscere al capitano,
il suo regno incantevole ed allo stesso tempo originale.
Anche questa volta, Artesio pensò di aver finalmente
incontrato la sua sposa. La fatina e Atron però, non erano per nulla d’accordo…
visto e considerato che Majal era una vestale; e proprio per questa ragione le
era proibito sposarsi con chicchessia. E a dire il vero, finanche la vestale
rimase perplessa quando Artesio le annunciò il suo desiderio di sposarla. Majal
dal canto suo, cercò di fargli conoscere altre bellissime sirene. Ma nulla da
fare… il giovane capitano voleva solo lei.
La vestale sirena comprendendo che Artesio non cedeva,
si allontanò dirigendosi con celerità verso il tempio del bocciolo incantato. Artesio
ormai turbato e confuso, decise di chiedere consiglio a Falea. La fatina
svolazzandogli intono, si affrettò a dire che non era il caso di insistere.
Allora Artesio con somma tristezza, si incamminò all’interno del tempio per
riferire a Majal, che pur se con afflizione… aveva preso la decisione di
andarsene.
La sirena vestale Majal, dopo aver ascoltato con
attenzione quanto proferito da Artesio, lo ringraziò per aver compreso il suo
problema; dopodiché gli fece adocchiare il meraviglioso bocciolo incantato. Ma
il giovane capitano non fece molto caso nemmeno a quel meraviglioso bocciolo; e
dopo aver dato a Majal un veloce baciamano… afflitto se ne andò via.
Majal rimase un po’ di tempo assorta nei suoi pensieri,
sempre immobile ad osservare il bocciolo incantato. Nel suo cuore Majal sentiva
ardere un fuoco intenso… una sensazione che non aveva mai provato prima. Poi
improvvisamente la sirena uscì velocemente dal tempio, dopodiché salì sul dorso
di un’enorme orca rosa confetto… e si mise affannosamente a cercare Artesio.
Intanto il giovane capitano, Atron e Falea, prima di
tornare nel regno di Vanohen, decisero di dare un ultimo sguardo a
quell’inusitato regno. E così salirono sopra un’enorme foglia iridescente,
solcando il meraviglioso oceano di nuvole adiacente al reame della vestale.
Ad un tratto i nostri tre eroi, avvistarono in lontananza
un’enorme conchiglia; che altro non era che un meraviglioso veliero fatato… il
quale aleggiava sulle sponde delle nubi argentate. Incuriositi, salirono sul
veliero fatato e fecero conoscenza con l’equipaggio, che era formato da
numerosi pescatori e marinai.
Ad un tratto un marinaio addetto a lanciare l’arpione,
fece uno strano grido. Tutti incuriositi si avvicinarono al marinaio, per
capire cosa avesse adocchiato. Difatti in lontananza si poteva scorgere
un’enorme orca rosa confetto, la quale faceva degli enormi balzi tra una nuvola
e l’altra.
Il marinaio senza perder tempo, lanciò con destrezza il
suo arpione, fino a colpire l’enorme orca rosa confetto.
Poi con calma, l’enorme conchiglia veliero si accostò
all’orca colpita. Artesio e Falea incuriositi si avvicinarono all’orca, e
quello che si presentò ai loro occhi era davvero terribile… l’arpione aveva
trafitto non solo l’orca, ma anche la sirena vestale Majal.
Artesio strinse a sé la vestale morente, mentre copiose
lacrime rotolavano sul viso avoriato di Majal.
Poco dopo anche la sirena vestale, divenne una tenue
scia di fumo color viola; lasciando al suo posto un ciondolo che raffigurava un’orca
argentata.
Il giovane capitano Artesio, chiese alla fatina Falea
cosa significavano quei tre ciondoli argentati, che raffiguravano un’aquila, un
granchio ed infine un’orca. La fatina rispose che per saperlo dovevano tornare
nel loro regno, e parlare con il disegnatore Lisarto. Artesio assentì… e dopo
aver salutato i pescatori, sempre più sconsolato tornò a Vanohen, unitamente a
Falea e al suo amico canguro.
Il ritorno dei nostri tre eroi, avvenne proprio a
cerimonia nuziale ultimata. Tutti e tre rimasero perplessi da quell’insolito
evento. Subitamente la fatina andò di volata a chiedere al pittore Lisarto,
come mai le dame che gli aveva consigliato, si erano comportate in quel modo
così inconsueto… e del perché erano divenute tre ciondoli.
Il pittore espose con falsa pacatezza, che non credeva
minimamente a quello che la fatina affermava. Mentre dei tre ciondoli, non
sapeva proprio cosa dire.
Falea non fece neppure in tempo a ribattere una sola
parola, che il Duca Riosmo con un acidulo sorriso espose una triste verità… che
ormai la fatina era sotto la sua giurisdizione; visto e considerato che adesso,
avendo sposato Florjan… era divenuto di diritto il nuovo Monarca di Vanohen.
Falea finalmente comprese appieno il mefistofelico
piano progettato dal Duca e dal pittore Lisarto, che era proprio quello di
allontanare sia lei che Artesio dal castello, per conquistare il trono del Monarca
Lumeo. E la fatina sapeva bene che adesso non poteva nemmeno ribellarsi agli ordini
del Duca Riosmo, poiché era vincolata da un giuramento magico compiuto anni
addietro, che la costringeva ad ubbidire gli ordini del Monarca di Vanohen. Ed
ora, malauguratamente, il Monarca di Vanohen era proprio divenuto… il viscido
Duca Riosmo.
Il Duca Riosmo non perse certo tempo… e sempre
fiancheggiato dal pittore Lisarto, ordinò subito alle sentinelle di rinchiudere
l’ex Monarca Lumeo, nelle segrete del castello. Le sentinelle dopo un breve
tentennamento, fecero il loro triste incarico… chiedendo scusa al Monarca
Lumeo; il quale si fece portare via, senza perdere la sua dignità.
Artesio nell’osservare quell’ignobile atto, cercò con
l’aiuto di Atron… di svincolare il Monarca Lumeo dalla presa delle sentinelle.
Ma sfortunatamente, i guardiani erano troppi anche per un capitano ben
addestrato come lui.
Dopodiché il Duca cacciò via dal castello il giovane
Artesio e Atron, ma non dopo avergli intimato di non presentarsi mai più di
fronte al nuovo Monarca di Vanohen: …il Duca Riosmo.
In tutto quel trambusto, la principessa Florjan riuscì
a raggiungere il suo amico cigno, e dopo essere salita velocemente sul dorso
del fedele Taripan… fuggì via volando fuori dal castello.
Il Duca in verità non rimase particolarmente sorpreso
da quell’evento, ma anzi sembrava essersi tolto un peso dallo stomaco. Difatti
il Duca Riosmo aveva sposato Florjan non certo per amore… ma solo per
agguantare il regno di Vanohen. Comunque per dare una parvenza di dignitosa
inquietudine, il Duca Riosmo fece un urlo di rabbia rivolto ai guardiani.
Finita la pantomima, il Duca con fermezza ordinò a Falea di far vivere una
mostruosa creatura, dipinta dal pittore Lisarto; il quale per l'occasione venne
nominato il confidente reale del nuovo Monarca. È inutile aggiungere… che a
quelle sagaci parole, il viso della fatina… sbiancò.
Quando furono giunti nel salone delle udienze, venne
portato un gigantesco dipinto raffigurante una dama dalle fattezze di un’enorme
e statuaria ape regina… con al seguito centinaia di strane e grosse api
guerriere. La fatina comprese subito, che il Duca desiderava creare un esercito
tutto suo.
E così… Falea suo malgrado, con un gesto della sua
minuscola manina… fece fuoriuscire una luce magica che portò in vita la
potentissima ape regina Apekar, e le sue enormi e cattivissime api guerriere.
Apekar era davvero orribile… infatti era ricoperta di
una patina striata in giallo e nero, e le sue enormi ali erano uncinate. Ma il
fatto davvero inquietante, era il suo sguardo arcigno e penetrante. Insomma si
comprendeva benissimo, che Apekar era una guerriera imperturbabile, perfida e
cattiva. Ben presto si intese anche il suo potere, che consisteva nel colpire
le vittime, con un pungiglione che era posizionato sulla sua fronte. Lo
spaventoso aculeo fuoriusciva dalla fronte di Apekar, solo quando lo
desiderava; ed aveva la facoltà di far divenire fantasmi, coloro che ne
venivano colpiti. Mentre le terribili ed enormi api guerriere, possedevano la
capacità di far svenire per alcuni istanti, le vittime trafitte dai loro pungiglioni.
Sia il pittore Lisarto che il Duca Riosmo, non appena
videro Apekar con il suo esercito di enormi api guerriere… fecero un ghigno
mordace. In seguito senza alcun preavviso, il Duca Riosmo ordinò alle api
guerriere di colpire con i loro potenti aculei, tutti i guardiani e soldati del
castello. Tutto questo, proprio per evitare potenziali insurrezioni.
Naturalmente, i guerrieri cercarono in tutti i modi di
difendersi, o almeno fuggire da quelle terribili api. Ma come si può ben immaginare…
le api guerriere in poco tempo, sconfissero tutti i combattenti dell’ex Monarca
Lumeo. Difatti le enormi api, avendo la possibilità di volare, erano
notevolmente avvantaggiate… e colpivano con più rapidità i guerrieri con i loro
pungiglioni; facendoli svenire.
La statuaria Apekar in tutto quello sconquasso, in
attesa di ricevere ordini dal Duca, fissava combattere le sue api con
un’espressione glaciale.
Alla fine il Duca Riosmo ordinò ad Apekar di colpire
con il suo pungiglione, tutti i combattenti svenuti; con l’intento di renderli
dei fantasmi. Invero, quando erano divenuti fantasmi, i soldati erano impossibilitati
a reagire, poiché non potevano più afferrare le armi o le armature… ma erano
solo in grado di librarsi goffamente nell’aria.
Falea cercò in tutte le maniere, di far riflettere il
Duca Riosmo; dicendogli di avere pietà di loro. Ma il Duca spalleggiato dal pittore
Lisarto, non cedette minimamente. E così la terribile Apekar fece divenire
tutti i guerrieri svenuti, dei fantasmi. In seguito, quando i guerrieri si
ripresero, Apekar li minacciò asserendo che se non facevano come lei diceva,
avrebbe reso tutti i componenti delle loro famiglie… dei fantasmi. In questo
modo, Apekar costrinse tutti i guerrieri a svolazzare nelle adiacenze di alcune
miniere abbandonate
Passarono alcuni giorni, e la fatina Falea non sapeva
come fare per terminare quell’incubo terribile. La sua unica consolazione, era
quando portava del cibo all’ex Monarca Lumeo. Il quale per nulla impensierito,
continuava a ribadire che quel brutto periodo sarebbe passato presto. Invero,
la fatina riprendeva speranza solo dopo quei brevi colloqui; e nel contempo
pensava ad un modo per risolvere quella terribile incombenza. Falea aveva
cognizione che l’elemento essenziale, era di riuscire a rintracciare Artesio e
la principessa Florjan.
Così una sera verso l’imbrunire, mentre tutti
dormivano… la fatina uscì di nascosto dal castello, sfrecciando verso il luogo
dove si trovavano i combattenti fantasma. I guerrieri furono davvero felici nel
rivedere la loro amica fatina; ma Falea chiese subito se sapevano dove si
trovava Artesio e la principessa Florjan.
Un guerriero fantasma con la barba lunga, gli rispose
che la principessa era andata a rifugiarsi nelle profondità di una miniera abbandonata;
e non era mai più uscita di lì. Solo il cigno Taripan, ogni tanto lo si vedeva
svolazzare nelle adiacenze della miniera. Mentre del capitano Artesio, sapeva
solo che si era rifugiato nella foresta, insieme al suo amico canguro.
Falea era consapevole che non poteva perdere altro
tempo, altrimenti al castello avrebbero scoperto la sua momentanea fuga. Così
la fatina decise di punto in bianco di raggiungere la foresta, con lo scopo di
rintracciare Artesio. Certo la fatina era dispiaciuta di apprendere che
Artesio, invece di trovare una soluzione per allontanare il Duca Riosmo e Apekar…
si era vilmente nascosto. Da quello che ricordava, questo non era certo un
atteggiamento conforme al valoroso temperamento di Artesio.
Comunque dopo un po’ di volo, Falea avvistò Artesio che
dormiva sopra un vecchio tronco, affiancato dal canguro Atron. La fatina
svegliò subitamente i due; e poi con espressione seria, chiese subito ad
Artesio come mai non aveva fatto nulla per aiutare la principessa e i soldati
evanescenti.
Artesio spiegò che era quello che stava compiendo… in
sostanza il capitano si stava esercitando, per poi poter affrontare il perfido
Duca Riosmo e Apekar. E senza badare all’espressione dubbiosa di Falea, il
giovane capitano afferrò con la mano destra i tre ciondoli che teneva nella
catenina al collo. All’improvviso apparvero, sotto gli occhi sbalorditi della
fatina… un gigantesco granchio, un’enorme e poderosa aquila e per finire
un’imponente orca. Tutti e tre, oltre ad essere vivi, vegeti ed enormi… erano
completamente rivestiti di argento fatato.
La fatina Falea sempre più meravigliata e sorpresa, non
ebbe tempo di pronunciare una sola parola, poiché Artesio gli spiegò subito che
da quando aveva compreso che i tre ciondoli prendevano vita… egli stava
cercando di comprenderne le facoltà; per poi tornare a liberare il monarca
Lumeo.
Falea lo pregò di scusarla per aver dubitato di lui; e
subito dopo gli consigliò di andare in una delle miniere abbandonate, a
rintracciare la principessa Florjan. E dopo aver dato un baciotto sul muso del
canguro Atron, la fatina svolazzò via di corsa in direzione del castello.
Il mattino dopo, per Falea ci furono delle brutte
sorprese… difatti un’ape guerriera l’aveva scorta allontanarsi furtivamente dal
castello.
Apekar era furiosa, e presa da una rabbia crescente…
chiese al nuovo Monarca, il Duca Riosmo, se poteva imprigionare la fatina.
Invero, nessuno ignorava che Apekar detestava Falea, proprio perché solo lei
possedeva la facoltà di distruggerla definitivamente, facendola ritornare un
amorfo disegno.
Ma a quella richiesta, su suggerimento del pittore
Lisarto, il Duca Riosmo rispose un indiscutibile “Non se ne parla nemmeno!”. Il
Duca e il pittore infatti, sapevano che la fatina era la loro unica carta vincente,
per tenere sotto controllo la crudele Apekar.
Ma Apekar indispettita, si infuriò a tal punto da rivoltarsi
contro il Duca Riosmo e il pittore Lisarto. E senza ulteriori indugi, Apekar
ordinò alle sue amiche api guerriere, di arrestare sia il Duca Riosmo che
Lisarto.
Subitamente il Duca Riosmo ordinò alla fatina, di far
tornare Apekar un insulso disegno. Ma l’astuta regina delle api, con un volo
repentino… afferrò con le sue ali uncinate il Duca, e puntandogli al collo il
suo terribile pungiglione… urlò a Falea di non avvicinarsi. Allora Lisarto
all’improvviso urlò al Duca di ordinare a Falea di far rivivere i guerrieri dei
quadri del castello; cosa che puntualmente avvenne. Tanto è vero che ad ordine
pervenuto, Falea subitamente si mise a sfrecciare per tutto il castello,
portando in vita i molteplici combattenti che si trovavano nei numerosi affreschi
e dipinti.
Cominciò così un terribile conflitto all’interno e
nelle adiacenze del castello, tra le enormi api guerriere di Apekar e i soldati
dell’esercito dell’ex Monarca Lumeo. Ma prima che il Duca Riosmo potesse proferire
un altro ordine, Apekar lo fece colpire dal pungiglione di un’ape guerriera.
Dopodiché il Duca ormai svenuto, fu portato repentinamente nelle segrete del
castello.
Comunque questa volta i soldati provenienti dai
disegni, sembravano veramente più forti e numerosi delle api guerriere di Apekar.
Malgrado ciò, si poteva tristemente notare come, a mano
a mano che il tempo passava… i combattenti iniziavano a perdere le loro
armature, e persino le loro lance si frantumavano. Falea, dall’espressione
disperata del pittore Lisarto, comprese che lui sapeva qualcosa riguardo a quei
tristi eventi. Così la fatina chiese a Lisarto, il perché di quella ignominiosa
situazione. Il pittore rispose che la colpa era sua. Difatti nel corso dei mesi
passati, Lisarto di nascosto aveva cancellato e ridisegnato le armature e le
armi dei soldati, con l’intento di indebolire l’esercito del Monarca Lumeo.
Apekar dopo aver ascoltato quanto proferito dal
disegnatore, con un ghigno trionfante incoraggiò con ancora più veemenza le sue
crudeli api guerriere, nello sbaragliare quegli insulsi combattenti.
A quel punto la fatina cominciò a combattere contro
Apekar; e sfrecciando contro la regina delle api guerriere, cercava di colpirla
con dei potenti incantesimi… per renderla ancora un amorfo disegno. Ma
purtroppo Apekar riusciva a volare con destrezza, evitando accuratamente tutti
gli incantesimi della fatina.
Poi, dopo una risata isterica, la perfida regina delle
api guerriere, ordinò alle sue dilette api di agguantare quella stolta fatina.
Falea cercava in tutti i modi di colpire con degli
incantesimi le terribili api guerriere; e anche se alcune api riusciva a farle
divenire degli insulsi scarabocchi… dovette per forza mutare strategia.
Insomma, le api guerriere erano talmente numerose, che la fatina Falea per non
essere colpita dai loro aguzzi pungiglioni… fu costretta insieme al disegnatore
Lisarto, a scappare da quel luogo.
Mentre fuggivano, il pittore Lisarto disse alla fatina
che gli dispiaceva di aver tradito la sua fiducia… e che si scusava del suo comportamento
egoista e superbo. Falea accettò le scuse di Lisarto; poi proferì che gli
errori compiuti nel passato, a volte potevano divenire delle benefiche risorse.
Intanto le api guerriere a servizio di Apekar, ebbero
la meglio sui combattenti… facendoli svenire tutti con i loro pungiglioni. Dopodiché
la regina delle api guerriere, li colpì uno per uno con il suo temibile aculeo,
facendoli diventare tutti degli evanescenti fantasmi. Infine, anche per loro
sopraggiunse la sorte dei loro predecessori… e così con molta tristezza nel
cuore, tutti i combattenti si allontanarono verso le miniere abbandonate.
Nel frattempo la fatina e il pittore Lisarto, avevano
raggiunto il salone dove venivano tenute le statue luminescenti create da Florjan.
Ciò nonostante con enorme sorpresa… ravvisarono che le sculture erano state
tutte forate. E all’interno delle cavità si trovavano delle api guerriere, che
avevano scaltramente fatto il loro nido. Bastò quell’attimo di esitazione di
Falea, per permettere ad Apekar di braccarla. E non solo… perché la terribile
ape regina riuscì a colpire la fatina con il suo famelico pungiglione; rendendola
un etereo ed evanescente fantasma. E con sua enorme sorpresa, Falea scoprì che
essendo diventata un fantasma, i suoi poteri di fata si erano notevolmente
indeboliti. Il disegnatore in tutto quel trambusto, riuscì fortunatamente a
svicolare fuori dalla stanza e fuggire via.
Apekar non soddisfatta di quanto avvenuto, non permise
alla fatina di raggiungere le miniere abbandonate; ma la rinchiuse in un
bozzolo formato da una secrezione vischiosa, che fece fuoriuscire dal suo
stesso pungiglione. E strano a dirsi… ma quella anomala secrezione, non
permetteva alla fatina di muoversi, nonostante fosse divenuta un fantasma. Ed
infine la perfida regina delle api guerriere, sistemò il bozzolo sul soffitto
del salone, dove si trovavano le statue luminescenti della principessa Florjan.
Quando Artesio giunse alle miniere abbandonate, tutti i
guerrieri fantasma ed altresì i numerosi soldati dei dipinti che si erano da
poco uniti a loro, lo salutarono con affetto. Il giovane capitano affiancato
dal canguro Atron, dopo i convenevoli di rito, asserì che doveva raggiungere
Florjan e poi sarebbe tornato da loro.
Artesio in questo modo, affiancato dall’amico Atron,
cominciò a discendere per l’impervio antro di una delle miniere abbandonate.
Precisamente nella miniera dove nei giorni precedenti, era stato visto entrare
il cigno fatato Taripan.
Dopo aver camminato per diverso tempo, il giovane
capitano vide librarsi verso di lui un animale furioso: era Taripan, il cigno fatato
amico della principessa. Il grosso cigno mediante il suo portentoso becco,
afferrò velocemente il canguro Atron… per poi scagliarlo contro la parete della
miniera. In seguito con ardita animosità, Taripan si rivoltò contro Artesio.
La Favola continua……………..
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